Leggendo queste parole dell'Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, non ho potuto che vedere in modo succinto il riassunto della mia tesi, o meglio, del suo intento e anelito profondo: "L’incontro catechistico è un annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta" (EG 166).
«Se dici: mostrami il tuo Dio; dico a te: mostrami il tuo uomo, e io ti mostro il mio Dio» : con queste parole, Teofilo († 180 circa), vescovo di Antiochia, risponde nel corso di una disputa a chi lo sfida con tono irrisorio a mostrare il proprio Dio. Affinché questa risposta non sia solo una via di fuga retorica e vacua, il vescovo prosegue: «Dio è visto, infatti, da coloro che possono vederlo, a condizione che abbiano aperti gli occhi del cuore» . In altre parole, egli presuppone una certa apertura degli occhi della mente al fin di poter percepire Dio. Tale enunciazione va oltre la mera affermazione moralistica, acqui-sendo una valenza ontologica ed epistemologica. La capacità percettiva e comprensiva dell’uomo è condizionata dalla sua disposizione e dalla sua apertura. A sua volta, però, tale apertura è condizionata dalla sua auto-comprensione. In tal senso pare necessario tematizzare cosa s’intenda quando si parla del fenomeno-uomo.
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Il libro è frutto di una tesi dottorale difesa a gennaio 2012 presso la Pontificia Gregoriana. Anche se il contesto accademico del dottorato necessitava l'assunzione di un linguaggio tecnico, ho fatto del mio meglio per fare dell'opera un manuale di esercizi spirituali filosofico-teologici. Se accostata con la pazienza contemplativa, l’opera può essere vista come un itinerario, a passo d’anima, verso una «realizzazione» (un termine caro al Card. Newman) della propria dimensione spirituale e un esodo dall’illusorio ripiegamento su una pienezza auto-procurata (o auto-inflitta!).
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Ecco qualche assaggio:
· «L’incarnazione è, in un certo senso, pur sempre una liminalità: un limite, un margine, ma soprattutto una prospettiva che non definisce, bensì riflette e invita e reiterare: nel limite l’Infinito, nel frammento il Tutto e nell’immanenza il Trascendente affinché “conoscendo Dio visibilmente, per mezzo [del Verbo incarnato] siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili”»
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«La teologia, quale discorso su Dio, è un percorso che prosegue
oltre i limiti dei ragionamenti per seguire la dinamica dello spirito che è “un
sentiero che cammina” verso l’orizzonte infinito per giungere all’
“insatiabilis satietas” della vita in Dio»
· «I recenti secoli hanno abbozzato un’antropologia umanista di stampo ateistico che esclude Dio aprioristicamente, e il nostro mondo attuale, seppure con un certo ritorno del sacro, rimane fondamentalmente ateo nella sua considerazione dell’uomo . Non poche forme di religiosità nuove sono solipsistiche e vertono più sull’uomo alla ricerca di sé, piuttosto che sulla ricerca di quanto lo trascende, di un’alterità eccedente l’immanenza o di un Dio personale»
· Se è vero, come afferma Lonergan, che “la teologia media tra una matrice culturale e il significato e il ruolo della religione in quella matrice” , è vero anche che tale mediazione include necessariamente una diákrisis, un discernimento dei fondamenti antropologici insiti nella cultura e che animano le sue prospettive e determinano la sua apertura a una possibile rivelazione di Dio e alla corrispondente relazione con Lui».
· «L’uomo supera infinitamente l’uomo , il suo epicentro e il senso della propria esistenza si trovano al di là di se stesso. Realizzarsi per l’uomo significa trascendersi»
· « L’homo ridens/ludens rappresenta un serio superamento di questa ingenuità umanistica. È la capacità di vedersi assolti dall’onore e dall’onere auto-inflitti di essere assoluti».
· «Nell’amore viene enunciato un sì all’essere e al poter-essere dell’amato. Si potrebbe in ultima analisi definire l’amore così: poter dire Tu a qualcuno e potergli dire sì»
· « La situazione peggiore in cui l’uomo possa rinchiudersi è ciò che possiamo chiamare l’anoressia del desiderio dipinto da Blondel così: “Siamo in presenza di una strana fame, che dietro l’apparenza di un appetito divorante, cela una sazietà, una nausea, un’assenza di qualsiasi fame feconda”. Si è perciò richiamati a un battesimo di desiderio che consiste nel sincerare l’uomo del proprio volere profondo, e nel conformare la sua volontà al suo autentico anelito. Solo riscoprendo e accettando il pathos che alberga nel suo cuore, l’uomo è capace di aprirsi e di riconoscere Dio».
· «Spesso ci s’illude di arrivare a una concezione mentre in verità si giunge a un’immaginazione dell’inconcepibile»
· «Lo iato tra fede e ragione si colma dalla rettitudine. La disposizione morale del cuore retto non permette all’uomo la quiete di una fede-oppio, ma lo spinge inderogabilmente e categoricamente a esaminare se la sua fede potrebbe arrogarsi la pretesa di apportare la Parola di Dio a cui egli aspira senza potersela dare da sé»
· «Il problema dell’era moderna non consiste soltanto nell’incapacità di credere certe verità riguardo a Dio che i nostri antenati credevano, bensì nell’incapacità di sentire nei confronti di Dio e dell’uomo come loro sentivano» (T.S. Eliot)
· «L’interpretazione offerta da M.P. Gallagher dell’epitaffio di Newman a Birmingham, deciso da lui stesso – Ex umbris et imaginibus in veritatem – mostra egregiamente il ruolo importante rivestito dall’immaginazione nella concezione newmaniana. Gallagher suggerisce di andare oltre la fin troppo evidente interpretazione che è: dalla non realtà alla realtà, e dalle mere ombre e le mere immagini alla pienezza della verità. L’interpretazione alternativa e più consona con la visione newmaniana che egli propone parafrasando l’espressione latina è: “nel dramma oscuro di questa vita non possiamo arrivare alla verità della fede senza il necessario aiuto delle immagini e dell’immaginazione”»
· «La coscienza è un altro nome del fondo dell’anima, del cor e del sacrarium hominis: quella dimensione che permette all’uomo di fare il salto verso il trascendente perché ne è la voce e lo speculum. Aiutare l’uomo di oggi a ri-scoprire questo sacrario è un compito alquanto urgente e attuale per la teologia».
· «Il senso religioso che ha distinto l’uomo antico e medievale è spesso logorato ed emarginato . Per permettere all’uomo di oggi un incontro efficace con la sorpresa del Vangelo è necessaria una paziente teologia del sottosuolo per rieducare gli occhi dello spirito, assopiti e distratti, alla lettura spirituale della realtà e della propria biografia. La nuova evangelizzazione non può che partire da un catecumenato dell’interiorità»
· «Teologicamente, l’esperienza di Dio attraverso la via della coscienza è possibile proprio perché la trascendentalità dell’uomo è elevata “graziosamente” e, attraverso la grazia, è orientata al contatto immediato con Dio, cosicché nell’agire morale feriale l’uomo non si trova a rapportarsi solo agli oggetti categoriali e finiti delle sue singole opzioni, ma implicitamente a Dio stesso»
· «Trovare il senso della vita e dare senso alla vita sono due processi complementari che costituiscono un circolo ermeneutico dove i frammenti dell’esistenza possono convergere per costruire un quadro sensato e convenire per interpretarsi a vicenda. Il senso non si trova pre-confezionato e già pronto, ma viene allo scoperto come la scultura espressiva viene liberata dal silenzio amorfo del marmo. Esso fiorisce quando la libertà dell’uomo accetta di essere modellata dalla verità dell’essere»
· «Recuperare la graziosità dei sensi è aprire gli occhi alla mistica elementare e feriale della vita. È cogliere gli echi della risurrezione di Cristo come ricordo presente e non solo futuro, perché come nota giustamente von Balthasar: “Se il cristiano è nello stesso tempo risorto e asceso al Padre con il Cristo, allora è diventato, con il corpo e con lo spirito, un “uomo spirituale” ed ha ormai – nella misura in cui è un credente – non solo un intelletto e una volontà spirituali, ma un cuore spirituale, una immaginazione e dei sensi spirituali”»
· «La testimonianza attuale del cristiano, e dei cristiani come comunità ecclesiale, deve configurarsi quale discernimento, giudizio e sfida per distinguere il “Testimone fedele [ho mártus ho pistós]” (Ap 1,5) dal “padre della menzogna” (Gv 8,44), per riconoscere il Dio vivo e vero dagli idoli che sono un nulla, per incontrare il Theòs phil-anthropos e voltare le spalle al “nemico della natura umana”. Questo compito viene assolto non portando all’uditore semplici fatti contingenti, estrinseci o stravaganti, ma riportando l’uditore alla Parola, che è l’Assoluto radicale e globale, la Risposta intrinseca e più congeniale alla domanda che è l’uomo, perché è l’unica parola così “vicina al suo cuore” da essergli più intima di se stesso. Il compito della testimonianza ecclesiale è quello di aprire gli occhi alla contemporaneità di Cristo attraverso la lettura profetica della vicenda dell’uomo sulla griglia dell’evento Gesù di Nazaret, e così la testimonianza del Dio di Gesù Cristo diventa significativa quando l’uomo riconosce le tracce di Dio nella filigrana della propria storia concreta, delle proprie gioie e speranze, tristezze e angosce. La differenza storico-temporale viene abbreviata e ammagliata all’interno dell’evidenza sincronica dell’esperienza di fede»
· «Solo in Gesù l’umano diventa pienamente, ovvero sacramentalmente/realmente, luogo dell’esperienza di Dio. Per questo, senza lirismo possiamo riassumere il traguardo della nostra tesi con le parole di sant’Agostino: “Agnosce Christum, et per hominem ascende ad Deum”»
Recensioni
Ci vediamo meglio quando ci ritroviamo nelle parole di chi avvolge con uno sguardo attento d’amicizia, per questo preferisco presentare l’opera con le parole di qualche persona che mi ha onorato con una presentazione:
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«Il lavoro si distingue per il connubio raro e felice tra elementarità
e raffinatezza/sublimità, e in questo riflette un tratto significativo di ogni
grande cosa/causa, del credere, amare e sperare, dell’arte, del testimoniare e
generare la vita, di nascita e morte» (Elmar Salmann)
· «Un bel pezzo di teologia fondamentale che ne riprende e rinnova le domande ed istanze sul piano contenutistico e formale, dinamico e musicale, esistenziale e teorico; ne nasce una fenomenologia del credere sotto le condizioni avverse e stimolanti dell’epoca presente» (Elmar Salmann)
· «Nel ricco saggio di Cheaib le provocazioni alla teologia di oggi emergono con onesta intellettuale, la stessa con la quale si offrono proposte aperte, provocazioni a studi sempre attenti e non ripiegati, per una teologia ulteriore, maggiormente personale, che sappia esprimere nel suo scrivere, insegnare, predicare, la testimonianza di un’esperienza profonda, meditata e al contempo libera di travolgere con la sua proposta indirizzata al cuore» (Laura Dalfollo)
· «Questo saggio aiuta a compiere quel delicato passaggio intellettuale ed esistenziale dalla teologia alla vita, dalla ricerca accademica all’esperienza mistica, dalla dossografia alla biografia credente e testimoniante» (Federico Grosso)
Infine, ecco una traduzione italiana dei testi plurilingue presenti nel libro: