Ok. Non è proprio una #rispostalvolo! Anche se qualche lettore mi ha chiesto realmente di cosa parlasse il libro. Oltre alla quarta di copertina che ho riprodotto nella pagina dedicata (la trovi qui), ho preferito rispondere prendendo 2 pagine dal libro stesso... Sembra un'introduzione, ma in realtà è un post-ludio... perché il libro invita a qualcosa di più di una semplice farcitura di sapere teologico-spirituale, invita a un'esperienza di sapore, di gustare la presenza di Dio e di assaporarla per giungere alla sapienza del cuore, di cui parla il Salmista. E ogni capitolo inizia con una storica evocativa e provocativa proprio per permettere al lettore un'immersione integrale e non solo di pensiero... col desiderio di riecheggiare lo stile di quel grande narratore di Gesù di Nazaret.
Vi lascio con gioia con quest'assaggio panoramico.
Ah... e se sei su facebook... puoi trovare anche lì la pagina del libro: Alla presenza di Dio.
Ah... e se sei su facebook... puoi trovare anche lì la pagina del libro: Alla presenza di Dio.
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Al nostro
nascere ci troviamo catapultati nella vita. È tutt’altro che un ingresso soft.
La vita non ci dà il lusso di una pausa di riflessione per ritrovare le nostre
coordinate, raffinare il nostro stile, fare un po’ di tentativi e poi
cominciare a vivere. Anche l’apprendistato del vivere – se così lo si potesse
chiamare – è già vivere. Secondo Maurice Blondel, per il semplice fatto di
esistere l’uomo si ritrova segnato da tre «condanne»: a dover vivere già prima
di averlo desiderato; a dover volere e agire prima ancora di sapere chi è; ad
essere in-caricato del giogo eterno di responsabilità per le proprie azioni[1]. La domanda
fondamentale che ogni vita umana deve porsi è quella del proprio senso: «La
vita umana ha o non ha un senso? E l’uomo ha un destinazione?»[2], non si
pone in una sala di prove tranquilla, ma nella arena. In questo senso, possiamo
dire che ci troviamo sempre «nel [bel] mezzo del cammin di nostra vita».
La vita, in altri termini, non permette veri e propri preludi. Un
preludio musicale, infatti, è un breve brano che viene suonato per riscaldare
gli strumenti e per entrare nell’atmosfera, prima di eseguire il pezzo vero e
proprio. È il corrispondente dell’introduzione o del prologo in un’opera
letteraria. In questo libro, ho volutamente optato per un postludio,
proprio per catapultare il lettore in un’esperienza diretta, senza preavvisi.
Nella vita, infatti, ci troviamo già in gioco ad eseguire le nostre sonate.
Questo postludio, come un breve brano musicale eseguito a opera compiuta,
vorrebbe a sua volta simulare una situazione della vita. Spesso le situazioni che
attraversiamo le comprendiamo meglio dopo averle attraversate.
È un post-ludio anche perché è uno scritto che segue il gesto ludico,
“lo scherzo”. Non me ne voglia il lettore! In fondo, questo pezzo, anche per
me, pur essendo stato primo nella concezione mentale, è stato l’ultimo
nell’esecuzione vera e propria. Lo si accolga come il suono dell’organo che
accompagna l’uscita dei fedeli da un santuario per tuffarsi di nuovo nel mare
della vita, con un in-canto rinnovato nel cuore.
Il libro ha voluto proporre un tentativo di risposta a un interrogativo
cruciale nella vita religiosa: come si
passa da una fede di seconda mano a una fede personale? Tradotto in altri
termini: come può una religiosità ereditata diventare una fede matura che
trasforma la vita personale?
La religiosità tramandata è un dato di fatto di
tante esperienze di fede, quasi facesse parte del DNA trasmesso. Solitamente,
le persone si arrendono all’inerzia familiare e/o sociale dell’esperienza
religiosa, oppure la rifiutano di getto. Maturare spiritualmente significa
prendere in mano quest’esperienza, personalizzarla e impersonarla.
Per chi vuole percorrere questa strada di
autenticità e autenticazione, questo libro propone una traccia con cinque
dimensioni fondamentali dell’esistenza spirituale. Questi pilastri, se
rinsaldati, permettono il passaggio dal “sentito dire” all’esperienza sentita
dell’essere cristiano.
I capitoli del libro ripercorrono il momento
sorgivo dell’esperienza di fede (Vocazione); l’approfondimento di questa
chiamata con la risposta della preghiera intesa come atteggiamento di tutta la
coscienza e di tutta la vita (In-vocazione); la vita di preghiera immersa
nell’Infinito di Dio viene salata e verificata nella storia e nella concretezza
della comunione con gli altri nell’amore (Con-vocazione); il cammino non poteva
trascurare l’aspetto di prova, di oscurità, di vertigini che causa il contatto
con l’Altissimo, e non poteva chiudere un occhio alla dimensione difficile di
morte a sé per pre-gustare la risurrezione e la maturazione della fede
(Pro-vocazione); l’ultimo capitolo, infine, considera alcune dimensioni che
accompagnano e consolidano ogni maturazione della fede: la dimensione del
ricordo, del fare memoria della fedeltà del Signore, dell’equilibrio che
traduce la maturazione attraverso un felice connubio tra lo spiritoso e lo
spirituale, l’umore e l’amore, la maturità e l’infanzia spirituale
(E-vocazione).
Se il libro precedente – Un Dio umano. Primi
passi nella fede cristiana – ha voluto ripercorrere primariamente “l’Oggetto”
della fede cristiana, quest’opera delinea un cammino per il soggetto
credente. La proposta è di un itinerario di vivibilità concreta, di un percorso
che va al di là dell’informazione religiosa. È un cammino verso la
trasformazione, la conformazione, anzi, verso la trasfigurazione, con la
speranza di incentivare l’attiva resa all’opera della Grazia affinché chi
legge, contempli a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria
del Signore e venga trasformato «in quella medesima immagine, di gloria in
gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).
Nelle pagine
del libro sono trattati alcuni momenti chiave della vicenda di Abramo, «nostro
padre nella fede». È chiaro che non è un libro su Abramo, ma con Abramo.
La figura del Patriarca viene considerata per la sua importanza tipologica e
paradigmatica. Come Abramo, ogni essere umano
è esodo, è cammino, chiamata a fiorire, rischio da assumere, dono da
conquistare, umanità da umanizzare e appello a essere amico di Dio.
A differenza
della letteratura apocrifa, rabbinica ed extra-biblica (come quella coranica) –
dove Abramo è dipinto come paradigma dell’uomo ideale e perfetto – la Scrittura
ci parla di un uomo reale in cammino, un uomo che oscilla tra una fede
esemplare, eroica, coraggiosa e momenti di sconforto, di fatica, di dubbio,
fino ad avere un comportamento meschino e vigliacco in alcuni momenti del suo
cammino. Ed è per questo che l’Abramo biblico è una figura avvincente e
affascinante. «Lo è in ragione del suo itinerario non lineare, del suo modo di
cercare a tastoni il senso del proprio destino e della sua lunga attesa, in cui
la speranza e la fiducia camminano di pari passo col dubbio e perfino con lo
smarrimento»[3].
L’esistenza di Abramo, come quella di ogni uomo, è dominata dall’imprevisto, da
cadute e risurrezioni. Proprio per questo è una figura vicina, simpatica e,
quindi, paradigmatica.
Vedendo che un
grande biblista del calibro di Carlo Maria Martini ha dichiarato così
all’inizio del suo libro su Abramo: «Mi libero delle pastoie di una pura
esegesi della parola, prendo la parola nel contesto, la paragono con altri
contesti e cerco in che maniera essa è rivelatrice dell’esistenza cristiana»[4], mi
sono sentito pienamente libero di guardare alla vicenda di Abramo come stimolo,
simbolo e modello. È un modello incoraggiante, perché nella sua debolezza, nei
suoi dubbi, nei suoi tentennamenti, ma anche nel suo peccato Abramo ha
sperimentato il Signore. Ha sperimentato la sua vicinanza, fedeltà, perdono,
pazienza, assieme alla sua intransigenza, incomprensibilità e imprevedibilità.
Al cospetto del Signore ha visto il peggio di sé – ed «è raro trovare Dio in
una coscienza che ignori i tormenti del peccato»[5] – ma è stato anche
testimone, in se stesso, delle grandezze a cui può giungere un umano.
La vicenda di
Abramo ci insegna che Dio «si inserisce nella storia di uomini veri e fa storia
dentro la cronaca quotidiana, in un intreccio sorprendente di cose
straordinarie e di cose normali, persino banali e scandalose»[6]. Dio si
inserisce nella mia e nella tua storia, ciò che conta è restare in ascolto,
perseverare alla Presenza di Dio.