Una confessione antica e
attuale della divinità di Gesù
di Robert Cheaib
Incontrare il Dio Trinità non nell’ozio di un
pensiero casuale ma nel cuore di una ricerca assetata di risposte di senso alle
domande che non tramontano sull’esistenza umana è quanto riassume l’itinerario
biografico che sta sullo sfondo del De Trinitate di san Ilario di
Poitiers. Ilario nasce intorno all’anno 310 in una famiglia pagana. Riceve una
solida formazione culturale classica che verrà riconosciuta ed elogiata da
illustri contemporanei come Girolamo ed Agostino.
Sposato e padre (di una
figlia di nome Abra) riceve il battesimo e successivamente viene ordinato
vescovo. Similmente a vescovi ortodossi come sant’Atanasio di Alessandria,
Ilario paga il prezzo della sua retta fede con l’esilio imposto dall’imperatore
Costanzo sotto istigazione dei teologi ariani di corte come Valente di Mursa,
Ursacio di Singiduno e Saturnino d’Arles. È nella terra d’esilio, a Frigia, che
Ilario inizia a scrivere il De Trinitate, «l’opera teologica più
importante e significativa della sua produzione».
Il De Trinitate è
un’opera complessa composta da dodici libri ove si intrecciano varie tematiche
esegetiche, teologiche e spirituali. È difficile – nel margine di una breve
recensione – raggruppare e riassumere tutte i temi trattati senza rischiare di
essere banali e di tradire sia il pathos apologetico sia il genio esegetico di
Ilario. Per dare però un’idea del cammino percorso dal santo, offriamo una
rapida panoramica non tanto riassuntiva quanto indicativa e prospettica:
Il primo libro offre l’incipit
letterario e biografico di tutta l’opera in cui Ilario racconta la sua scoperta
della fede e il suo cammino di conversione avvenuto grazie al contatto con la
Sacra Scrittura. Ilario illustra come ha passato al vaglio le varie
ermeneutiche filosofiche della vita umana rimanendone insoddisfatto fino a
quando non è giunto alla soglia delle Scritture. La fede gli apre la
prospettiva paradossale di camminare secondo la ragione senza precludere il
salto richiesto al di là di ogni ragionamento umano perché nessun concetto
umano potrà racchiudere Dio. Il secondo libro offre una sintesi di teologia
trinitaria partendo dalla formula di fede battesimale basata sul mandato del
Signore (cf. Mt 28,19-20). Il terzo libro è dedicato all’unità e distinzione
tra Padre e Figlio mostrando la co-eternità del Generante e del Generato. Il
libro quarto – che riporta la lettera di Ario ad Alessandro vescovo di
Alessandria – è una prima confutazione della dottrina ariana. Il quinto e il
sesto libro proseguono le confutazioni anti-ariane. Sempre in vena di
confutazione e affermazione della fede ortodossa, il libro settimo dimostra la
divinità di Gesù quale Figlio del Padre e Dio vero. La riflessione prosegue nel
libro ottavo dedicato all’unità del Padre e del Figlio. Il libro nono è consacrato
specificamente a confutare l’affermazione ariana dell’inferiorità del Figlio
rispetto al Padre. Il libro decimo affronta la questione delle sofferenze di
Cristo usate come cavillo dagli eretici per negarne la divinità. Nel libro
seguente, Ilario ritorna sulla questione ariana dell’inferiorità del Figlio per
confutarla basandosi sull’esegesi dei testi della Scrittura. Il libro
dodicesimo costituisce l’ultimo tratto dell’impresa esegetica di Ilario dove
smonta e scardina le affermazioni ariane sulla generazioni del Figlio nel tempo
basate sull’interpretazione erronea di Prv 8,22: «Il Signore mi ha creata per
l’inizio delle sue vie». Ilario mostra che se il Padre è sempre Padre, lo è
proprio in quanto è eternamente Padre del Figlio eterno.
Il De Trinitate di
Ilario è un’opera complessa ma affascinante. Esso costituisce uno dei primi
tentativi coraggiosi e dettagliati per confutare le varie eresie trinitarie e
cristologiche, in particolar modo le dottrine di Ario, Ebione, Sabellio,
Fotino… La sua attualità scaturisce, non solo dalla freschezza del pensiero
dell’autore, ma anche dall’agilità con cui Ilario si muove nel campo
scritturistico interpretando la Scrittura con la Scrittura seguendo la regula
fidei. Così i suoi commenti e le sue riflessioni risultano alquanto attuali
sia per il cristiano che si trova davanti a versetti di difficile
interpretazione riguardo alle questioni trinitarie e cristologiche, sia per il
teologo che vedrà in Ilario un abbozzo prezioso che appiana la strada e
anticipa le grandi opere dei Cappadoci in Oriente e di Agostino in Occidente.
In un periodo di pluralismo
religioso e culturale dove il confronto con alcune religioni di rapida
diffusione in antiche terre cristiane potrebbe annebbiare la fede dei semplici
riguardo alla divinità di Cristo, o dove la febbre del dialogo e del
concordiamo a ogni costo è fatta a volte a prezzo di compromettere il nucleo
centrale della fede cristiana, Ilario – con animo coraggioso e intelligenza
documentata – puntualizza che solo nella confessione della vera divinità e vera
umanità del Verbo abbiamo accesso a Dio, alla divinizzazione: «Dio Verbo si è
fatto carne, affinché per mezzo di Dio Verbo fatto carne, la carne si
innalzasse a Dio Verbo».
Seppure nasce in un periodo
difficile di polemica, l’opera di Ilario di Poitiers supera felicemente la
circostanza polemica per offrire una sintesi originale della teologia
trinitaria in un periodo dove il linguaggio trinitario non era stato ancora
ufficialmente definito attraverso i termini di natura e persona (ciò avverrà
più tardi nel concilio di Calcedonia del 451). Come pastore geloso della fede
del suo gregge e fedele alla confessione apostolica professata e difesa da
Ireneo, Tertulliano, Atanasio e altri, Ilario rintraccia il fondamento della
fede trinitaria nella Scrittura.
La Città Nuova Editrice
presenta quest’opera in due volumi nella Collana di testi patristici, in una
traduzione del professor Antonio Orazzo, docente di storia della filosofia
antica e medievale. Orazzo correda il testo con una documentata introduzione e
note al testo. Concludiamo questa breve recensione con le parole dello stesso
curatore che contestualizzano il contributo trinitario e mettono in risalto il
valore dell’opera di sant’Ilario: «Dopo di lui la problematica trinitaria sarà
ripresa e sviluppata da altri grandi autori, come i Padre cappadoci e Agostino,
con un respiro più ampio e con una terminologia più precisa. Ciò tuttavia non
toglie nulla all’originalità ed eccellenza della sua dottrina, anzi le dona il
pregio di aver prevenuto i tempi e di aver permesso ad altri di continuare e
allargare la riflessione in altre direzioni. Ciò è tanto più significativo in
quanto La Trinità è stata composta durante l’esilio, in circostanze in
cui i difficili rapporto tra Chiesa e Impero, tra fede e politica potevano
alterare o annebbiare l’orizzonte di comprensione del teologo. Nel suo sforzo
di comprendere il mistero della Trinità alla luce della fede, egli si è
lasciato guidare principalmente dall’intento di illuminare il ruolo e l’importanza
che vi occupa il Cristo. Solo se è vero Dio e vero uomo, egli può essere il
salvatore degli uomini».