Per una coincidenza tra
confessione ed esperienza credente
«L’oblio della Trinità» è una piaga che infesta e impoverisce
l’assetto della prassi credente. Seppure siano trinitari nella verbale confessione
di fede, molti cristiani sono spesso “meri” monoteisti nella prassi e, peggio
ancora, nell’esplicita coscienza di fede. Fondamento e distintivo della fede
cristiana, non di rado la Trinità diventa pietra d’inciampo ermeneutico e fonte
di disagio comunicativo. Ci si chiede, magari nei subbugli segreti della
coscienza: non sarebbe più facile adottare un monoteismo radicale simile a
quello delle altre religioni monoteiste? Perché tanto affanno per «decifrare»
la natura divina e le sue particolarità? Non sarebbe meglio adottare l’apparentemente
più umile atteggiamento agnostico sulla natura divina che si esprime tanto bene
nei versi di Alexander Pope: «Conosci te stesso, e non pretendere di scrutare
Dio; il campo proprio dell’umanità è l’uomo»?
Il libro del teologo Alberto Cozzi, Manualedi dottrina trinitaria, risponde a queste provocazioni con un felice
connubio di sensibilità, riflessione e documentazione. Il volume della collana
«Nuovo Corso di teologia sistematica», edito dall’Editrice Queriniana è più di
un manuale enciclopedico di teologia trinitaria, esso è un vademecum e
un viaggio vero e proprio nei/verso i meandri sublimi e affascinanti della
danza (pericoresi) trinitaria.
L’autore – già dall’inizio
dell’opera – si mostra sensibile ai dubbi e alle difficoltà che accompagnano la
presa di coscienza della Trinità quale fulcro della fede cristiana. Tale
recupero teologico ed esperienziale è salutato oggigiorno con sentimenti
contrastanti e paradossali: da un lato, vi è la gioia di una riscoperta della
centralità del Dio triuno, dall’altro sussiste ancora l’insuperabile crisi di
significatività. Un problema di senso pratico stigmatizzato da I. Kant, secondo
il quale, dalla dottrina della Trinità non è assolutamente possibile trarre
nulla per la prassi.
Il teologo reimposta la problematica
mostrando sin dall’inizio che la questione trinitaria non è una cosmesi
accidentale della quale i cristiani possono disporre a seconda delle mode e dei
gusti della stagione, bensì è l’espressione dell’automanifestazione di Dio nel
volto di Gesù Cristo. Pertanto, il senso della teologia trinitaria non
risiede nella facilità o difficoltà di fare colpo sulla mente propria o
dell’interlocutore, ma nella coscienza del nesso tra dogma e rivelazione,
ovvero, nella «coscienza originaria della fede di aver ricevuto per rivelazione
un nuovo principio di conoscenza di Dio, una conoscenza “per connaturalità”».
In parole semplici, i cristiani non scelgono
di credere nella Trinità per un’opzione dal basso; essi credono nella Trinità
perché è così che Dio si è manifestato a loro in Gesù Cristo, e la riflessione
teologica successiva non è tanto una codificazione del Mistero quanto una sua
traduzione, o più realisticamente, un tentativo analogico di rendere
percepibile, intelligibile e comunicabile ciò che per natura trascende i sensi,
l’intelletto e la lingua.
È felice il ricorso lungo l’opera
all’esperienza di mistici come Teresa d’Avila, Elisabetta della Trinità e
Giovanni della Croce, per mostrare come nella concretezza è avvenuta e avviene
la conoscenza della Trinità per connaturalità, ovvero, la conoscenza di Dio in
Dio.
Il viaggio teologico delineato da
Alberto Cozzi attraversa i dati biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento,
vaglia i contributi fondamentali dei Padri d’Oriente e d’Occidente e dei
Concili ecumenici, dando particolare rilievo al contributo agostiniano alla
teologia trinitaria. Importanti soste sono dedicate alla teologia medievale,
moderna e contemporanea, e agli sviluppi concomitanti e successivi allo scisma
del 1054 (la questione del «Filioque»). Geniali e apprezzabili sono pure le
analisi dell’impatto tra fede trinitaria e soggettività moderna (quindi
nell’orizzonte del razionalismo, del deismo, dell’unitarismo…), e il luogo
della Trinità nel dialogo con le altre religioni.
La parte sistematica di questo libro
accetta le sfide proposte dall’attualità culturale e religiosa e si confronta
con esse con apertura dialogale corredata da una coscienza radicata nel Datum
traditum. L’espletamento di tale riflessione avviene in tre ambiti: la
Trinità e l’idea di rivelazione; la Trinità e la storia della salvezza; la
Trinità e la mediazione antropologica della novità del Dio rivelato.
Il primo ambito deriva dall’istanza
barthiana di ripensare il senso della dottrina trinitaria a partire dall’idea
di rivelazione: la Trinità tutela la comprensione della rivelazione cristiana
quale auto-comunicazione di Dio. Nella rivelazione della Trinità, dono e
donatore, messaggio e messaggero, contenuto e segno, realtà e mediazione si
identificano.
Il secondo ambito cerca di
comprendere quale idea di Dio corrisponda all’esperienza cristiana
dell’auto-comunicazione di Dio.
Il terzo ambito mette a tema la
mediazione antropologica della verità di Dio, vertendo pertanto sull’incidenza
della verità e della fede trinitaria sull’autocomprensione e sull’auto-sperimentazione
dell’umano.
La vertenza sull’uomo risolve dal di
dentro il dubbio sollevato sopra con i termini di Alexander Pope: la
riflessione sulla Trinità non è una distrazione dall’uomo, ma una
concentrazione della problematica umana nella sua essenza più vera: nell’uomo
che trova la propria verità soltanto a partire da un veritiero riconoscersi
come imago Trinitatis. Il distintivo dell’affascinante viaggio proposto
da quest’opera è il continuo invito a scoprire «la configurazione trinitaria
dell’anima», che nell’esperienza dell’amore vive già un’intuizione esistentiva
e un’esperienza essenziale della Trinità: «l’anima in grazia conosce e ama Dio
come Dio conosce ed ama se stesso nel Verbo e nell’amore (Spirito) che ne
procede». In fin dei conti, dire Trinità non è altro che confessare che «Dio è
amore» (cf. 1 Gv 4,16).