Uno
sguardo alla storia e al presente del compito e della prassi evangelizzatrice
Il compito della «missione» cristiana
non è retaggio del passato e non è un appello marginale od opzionale che si
rivolge ai temerari, agli zeloti e ai «chiamati». Esso è costitutivo di ogni
vocazione battesimale. Il recente Sinodo dei Vescovi sulla Nuova
Evangelizzazione non è altro che un rinnovato richiamo a prendere atto della
situazione missionaria locale e mondiale e prendere coscienza del perenne
compito di annunciare intersoggettivamente e interculturalmente la “buona
notizia”, il Vangelo di Gesù Cristo.
Il libro
del gesuito Michael Sievernich, La missione cristiana. Storia e presente
tratta precisamente di questa dimensione dell’esistere e dell’agire cristiano.
Il libro, edito dalla Queriniana nella collana BTC è suddiviso in tre parti che
l’autore riassume così: «La prima parte del libro si occupa in una prospettiva
storica delle origini bibliche e della movimentata storia della missione,
mentre la seconda dà uno sguardo in maniera sistematica alle diverse concezioni
della missione dagli inizi fino ad oggi, senza trascurare l’iconografia del
tema e la sua rappresentazione artistica. Infine la terza parte elabora, a
titolo d’esempio, tre dimensioni interculturali, che sono di fondamentale
importanza per tutte le attività missionarie: la comunicazione linguistica e la
traduzione culturale, la percezione del mondo e il reciproco transfert di sapere, il diritto
all’alterità e l’incontro dialogico delle religioni». Ma dedichiamoci a vedere
con più dettagli alcuni dei passaggi importanti del libro.
La missione nella Bibbia
La prima parte si occupa in una prospettiva storica delle
origini bibliche e della movimentata storia della missione di due millenni di
cristianesimo. La sezione biblica vede i semi missionari disseminati
nell’antica alleanza e nella coscienza missionaria del popolo d’Israele verso
gli altri popoli (goyim).
L’elezione - come quella di Abramo - non è un’esclusione, ma è una
chiamata a essere una benedizione per tutti i popoli della terra (cf. Gen 12).
La benedizione di Israele si trasforma nella benedizione del consesso dei
popoli. Lo esprime in modo particolare Isaia: «Alzati, rivestiti di luce,
perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché,
ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te
risplende il Signore, la tua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla
tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere» (Cf. Is 60,1s.).
L’afflato missionario dell’ebraismo è testimoniato anche con un
detto polemico di Gesù che lascia intendere che gli scribi e i farisei erano
disposti a percorrere il mare e la terra «per fare un solo proselito» (Mt
23,15).
Così anche il Nuovo Testamento ci trasmette in modo spontaneo la
prassi e la missione di Gesù a partire dai Vangeli, e la prassi missionaria
della comunità cristiana a partire dagli Atti degli apostoli e l’afflato
missionario di Paolo «l’apostolo delle genti».
I sinottici e il Vangelo di Giovanni, convergono sul finale aperto
del «mandato missionario» dei discepoli da parte del Risorto. «Al messaggio
universale dell’amore e della signoria di Cristo corrisponde la missione
universale verso tutti i popoli» (25). La missione dei discepoli si fonda sul
mandato del Padre che invia il Figlio: «Come il Padre ha mandato me, anche io
mando voi» (Gv 20,21).
Gli Atti degli apostoli testimoniano la diffusione centrifuga del
Vangelo per mano degli apostoli e degli altri discepoli «fino ai confini della
terra». Il Concilio di Gerusalemme, la scelta di Paolo (e Barnaba) di
rivolgersi ai pagani, le visioni di Pietro e il battesimo di Cornelio... sono
tutti eventi che mettono in risalto il carattere missionario della fede
cristiana nascente e gli scritti del Nuovo Testamento testimoniano la
diffusione capillare e l’inculturazione della fede cristiana nel mondo di
allora.
La diffusione storica del cristianesimo
Il periodo sub-apostolico vede una diffusione prodigiosa del
cristianesimo in varie parti del mondo antico. Nella sua polemica contro gli
gnostici, Ireneo di Lione ci offre indirettamente una testimonianza sulla
diffusione della fede cristiana in Africa del nord, Germania, Gallia, Spagna, e
naturalmente Gerusalemme e la zona della Fenicia.
La silente ma decisa diffusione del cristianesimo ha un grande boom
durante il quarto secolo dove la fede cristiana passò dalla persecuzione ad
essere tollerata (come religio licita" grazie all’Editto di
tolleranza) per diventare poi favorita (Editto di Milano 313) e religione
dell’impero con Teodosio (Editto del 380). La diffusione capillare del
cristianesimo, invece, avviene grazie ai commercianti cristiani, i predicatori
itineranti e ai monaci missionariamente attivi. Siervernich delinea i vari
momenti del movimento missionario cristiano dall’evangelizzazione delle Isole
britanniche, la Scandinavia, la Svezia, la cristianizzazione degli slavi e
dell’Europa orientale... Il testo descrive anche la diffusione del Vangelo
nell’Asia centrale e orientale.
La missione tra scontro e incontro
«Ogni ingresso in una situazione culturale, religiosa, sociale o
politica nuova pose e pone il cristianesimo di fronte a questa domanda: com’è
possibile affermare la propria identità e inserirla in un contesto culturale e
religioso in maniera tale che gli elementi comuni e quelli differenti risultino
parimenti chiari?» (158). La riposta
può variare dalla chiusura ermetica nei confronti dell’ambiente fino alla
tendenza ad agganciarsi a essi. Così la seconda parte del libro di
Sievernich è dedicata all’analisi delle Concezioni contestuali della
missione cristiana. L’analisi dell’autore parte dai metodi classici e storici
evidenziando due principali tendenze.
La prima concezione è quella basata sulla contrapposizione tra
Vangelo e culture. Tale concezione le vediamo in approcci come quello di Tertulliano
(Apologeticum) passando per la visione della missione come conquista
spirituale, come nel caso della diffusione del cristianesimo nelle
Americhe.
La seconda concezione è più dialogica e di inculturazione. Lungi
dal neutralizzare le differenze, l’approccio missionario dell’adattamento
cercava di vedere il punto d’intreccio tra le culture e il Vangelo che veniva
inculturato. Un esempio di tale concezione è l’approccio dialogico di Marco
Minucio Felice (Octavius), la percezione dei semi del Logos nelle
culture nell’opera di san Giustino (le Apologie) e l’approccio di
adattamento e di interculturazione con le grandi culture dell’estremo Oriente.
Dopo la riflessione di carattere storico e analitico, il libro
espone e vaglia le attuali teorie della missione nei nostri tempi
caratterizzate da diversità dovute a loro volta alle sensibilità delle varie
confessioni. Lo spettro della considerazione va dalle teorie e dalla prassi del
luteranesimo classico fino al pentecostalismo, in area protestante, e considera
la visione e la prassi cattolica germogliata soprattutto intorno al Concilio
Vaticano II.
L’ultimo capitolo di questa seconda parte del libro è dedicato al
volto artistico della missione e al volto missionario dell’arte. In un periodo
in cui ricorre il 500 anniversario della cappella Sistina è alquanto opportuno
riflettere sulla portata e sull’intenzionalità missionaria immanente nell’arte
non solo figurativa, ma anche letteraria, teatrale, cinematografica, etc.
Missione come interculturazione
La terza e ultima parte del libro verte sulle Dimensioni
interculturali della missione e studia in un approccio storico e analitico
tre aspetti fondamentali per qualsiasi processo missionario:
Il primo aspetto è quello linguistico decisivo per la
comunicazione e l’accoglienza dell’Evangelium. L’autore illustra alcuni
esempi della traduzione della Bibbia (come non menzionare la Vulgata –
traduzione della Bibbia in latino – commissionata da Papa Damaso I a Girolamo!)
o la traduzione-traslazione del Diatessaron effettuata da Taziano, già
alla fine del II d.C. in siriaco, come armonia dei quattro Vangeli. E in
seguito la pešitta, la traduzione «semplice» di tutta la Bibbia in
siriaco fatta nel V secolo, giungendo alla controversia della traduzione in
lingue volgari nell’epoca moderna, e la traduzione di Lutero, etc.
Il secondo aspetto è quello dell’esplorazione dei vari mondi del
sapere scientifico, artigianale, la promozione culturale. Questa complessa
evoluzione è studiata nel suo incipit e nella sua influenza religiosa
con i vari effetti di globalizzazione e comunicazione che apporta.
Il terzo aspetto è quello più attuale ora: la dimensione
dell’incontro delle religioni. Sievernich esamina l’atteggiamento missionario
cristiano nei confronti delle varie religioni che cammina dalla coercizione
alla tolleranza e al dialogo. Così l’autore considera le varie istanze
dialogiche del cristianesimo con i grandi monoteismi – ebraismo e islam – e con
le altre religioni mondiali.
Il libro di Sievernich costituisce editorialmente il terzo anello
della trilogia missiologica realizzata dalla Queriniana in collaborazione con Cuore
Amico, associazione bresciana di volontariato a sostegno del mondo
missionario (gli altri due volumi, sono i numeri 109 e 148 della collana Biblioteca
di Teologia Contemporanea). Esso costituisce in sé un’ottima panoramica
sulla storia, la teologia le luci e le ombre della missione cristiana.
Robert Cheaib