La cattolicità come communio
nello Spirito e communicatio al/del Verbum
«Ci sono due pericoli per la chiesa: la tentazione sadducea,
cioè il pericolo della mondanizzazione della chiesa, e quella farisea, cioè il
pericolo dell’isolamento, il tentativo di erigere un mondo ecclesiale a parte,
una riserva ecclesiale, per poi, a partire da qui, clericalizzare il mondo.
Cristo si è opposto sia ai sadducei che ai farisei e ha quindi condannato sia
un’errata conformazione al mondo sia
un’errata lontananza dal mondo. Entrambe le tentazioni non provengono dalla
fede, ma dalla paura e dall’insicurezza, così come dall’istinto di
auto-conservazione. Il sadduceo mondanizzato ha paura e quindi si adatta; il
fariseo clericale ha paura e quindi si isola, tentando di “tenere la
posizione”. Ma il credente non ha paura, bensì fiducia e speranza, e perciò non
ha bisogno di preoccuparsi della propria conservazione. Questo lo rende libero
per la responsabilità e il servizio».
Il paragrafo appena citato del libro
del Cardinale Walter Kasper, La Chiesa di Gesù Cristo. Scritti di
ecclesiologia, edito dalla Queriniana, esprime almeno tre qualità
della visione del cardinale teologo.
Il primo aspetto è la chiaroveggenza
analitica – direi anche diagnostica – che sa segnalare l’infruttuosità e
la pericolosità dispersiva di alcune opzioni.
Il secondo aspetto è quello ermeneutico,
capace di leggere e discernere la situazione attuale alla luce della perenne
novità del Vangelo, rinvenendo la risposta dalla prospettiva cristica.
Il terzo aspetto è appunto quello prospettico
radicato nel Vangelo e nei «sentimenti che furono in Cristo Gesù». Grazie a
questo sguardo attuativo, Kasper intravvede il cammino del credente in mezzo
alle varie opzioni che distruggono o almeno distraggono dall’essenziale,
dall’atteggiamento di amore che crede e si versa in Dio e che si rispecchia e
si traduce necessariamente in amore che serve verso l’uomo.
Già il titolo del volume «La Chiesa
di Gesù Cristo» fa capire ai conoscitori del pensiero e della bibliografia di
Walter Kasper che siamo dinanzi all’opera che egli avrebbe dovuto pubblicare
alla fine della sua carriera accademica quale compimento della sua trilogia,
dopo i due volumi: Il Dio di Gesù Cristo e Gesù il Cristo.
Nei due volumi appena accennati,
Kasper rivelava un felice connubio tra rigore teologico-sistematico e capacità
di fare teologia in contesto. Quello stesso stile dotto e sensibile, immerso
nel dato della fede ed empatico verso il mondo dell’uomo d’oggi, si riflette
nel terzo volume ecclesiologico. Il presente volume, però, si arricchisce
ulteriormente dell’inevitabile apporto dell’esperienza decennale come teologo,
ma contemporaneamente e soprattutto come uomo che ha coperto e copre importanti
ruoli istituzionali nella chiesa che gli permettono di sentire da una
prospettiva privilegiata cum ecclesia e – per così dire – «come chiesa»
che dialoga con le altre chiese e le altre religioni.
Il libro raccoglie diversi
contributi che variano da testi che possono considerarsi come un testamento
ecclesiale di Walter Kasper quale navigato uomo di chiesa; analisi della
situazione e del percorso della chiesa dopo il concilio Vaticano II; e
approfondimenti sulla natura e sull’essenza della Chiesa.
Una qualità fondamentale accomuna questi
contributi: Kasper – e lo afferma lui stesso – non scrive sulla chiesa come su
una realtà con la quale non ha nulla a che fare, ma scrive della chiesa in cui
vive e con cui vive, una chiesa che ha imparato ad amare alla scuola di grandi
maestri come Yves Congar e Henri de Lubac, una chiesa nella quale «si sente a
casa» e per la quale «si impegna con tutte le sue forze».
Ne risulta un quadro ecclesiologico
maturo, auto-critico, radicato nella tradizione e capace di rinnovamento.
È pressoché impossibile riassumere
gli apporti preziosi disseminati nel volume, ma la traccia della riflessione e
della proposta è chiara: Kasper non fa parte dei nostalgici del passato che
guardano il concilio con sospetto. Egli – pur riconoscendo le ombre – non
oscura o trascura le luci conciliari e la capacità di novità e di
«aggiornamento» apportata dal Vaticano II e parla pertanto di «un concilio di
rinnovamento e di un’ermeneutica del rinnovamento» spiegando come «il concilio
non ha voluto una nuova chiesa, ma una chiesa rinnovata spiritualmente sulla
via della santificazione personale e della riforma istituzionale».
A partire da questa prospettiva
ermeneutica Kasper prospetta uno sviluppo di una visione e autocomprensione
della chiesa – quale oggetto di fede – come communio, e come milieu
necessario per l’esperienza della fede la quale non è soltanto «la fede
dell’io», ma contemporaneamente e necessariamente «la fede del noi».
Il volto comunionale configura la chiesa
come congregatio fidelium e communio sanctorum fondata sul doppio
gesto dell’ascolto della parola di Dio e del testimoniare-incarnare-proclamare
ciò che ha ascoltato: «Verbum Dei religiose audiens et fideliter proclamans»
(DV 1). L’universalità del messaggio di Cristo spinge la chiesa verso la
fedeltà alla sua cattolicità e respinge ogni tentazione di «docetismo
ecclesiologico» di una chiesa invisibile. In analogia con il Cristo, universale
concretum, la chiesa per natura è chiamata a una «cattolicità» che
significa «universalità concretamente visibile, dotata di forma, cattolicità in
forma concreta».
L’espressione di questa cattolicità
è per la chiesa tradursi come trasparenza che permette all’uomo di riconoscere
e vivere il suo fondamentale orientamento a Dio Padre in Cristo per opera dello
Spirito Santo. Se secondo Newman la chiesa cattolica non permette a nessuno di
frapporsi tra l’anima e il suo creatore, ma sostiene il «cor ad cor loquitur»,
essa, nel contempo, testimonia la necessità costitutiva del «noi» nel rapporto
con Dio mantenendo l’equilibrio tra esperienza individuale e comunitaria: ogni
cristiano, infatti, «sta in rapporto immediato con Dio, ma non sta mai solo
davanti a Dio».
Il saggio di Kasper è un compendio
ecclesiologico che mostra in un’affascinante panoramica il senso della chiesa
come mysterium/sacramentum che si manifesta nella forma
costitutiva della communio. La communio nella/della chiesa è
necessariamente pneumatologica giacché essa non si fonda sulle convergenze
politiche e di simpatia umana, ma sull’opera caratterizzante dello Spirito
Santo quale «spirito d’unità». Come sacramento dello Spirito di Cristo essa è
sacramento universale della salvezza, segno e strumento dell’intima comunione
con Dio e tra gli uomini. La Chiesa communio è anche communicatio
del deposito della fede riassunto nel kerygma pasquale di Cristo Verbum
abbreviatum.
L’ecclesiologia prospettata da
Kasper esprime il meglio della visione «cattolica» della tradizione di Tubinga,
erede dei contributi profetici di Johann Adam Möhler e di Karl Adam. Ne risulta
un’ermeneutica ecclesiologico che concepisce la chiesa cattolica come quella
realtà «dove non vi è un’ideologica partitica e una selezione nel vangelo, ma
dove è conservata e annunciata al mondo intero la fede nella sua totalità e
nella sua pienezza senza tagli, e così viene dato spazio, all’interno
dell’unità, a una grande varietà».
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Il volume è reperibile sul seguente
link: La Chiesa di Gesù Cristo