Un libro che raccoglie le formule e i simboli più importanti della fede cristiana

Robert Cheaib

«Un solo Signore, Gesù Cristo», «Cristo», «Figlio di Dio», «Venuto nella carne», «è risorto»… queste sono solo alcune fra le tantissime confessioni di fede che attraversano il Nuovo Testamento ed esprimono in una forma succinta, semplice e prospettica la convinzione del cuore. «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10,9). La confessione verbale – con la bocca – diventa «simbolo» della professione vitale – con il cuore e con tutto l’essere – e dell’affidamento totale all’evento pasquale e all’amore redentore di Dio.
L’importanza delle formule di fede e dei «simboli» che «mettono-assieme» (da syn-ballein)  in sintesi cristallina la convinzione del cuore è stata sempre riconosciuta nella fede scritturistica. La più celebre e la più importante professione di fede dell’Antico Testamento è lo «shema’» che inizia con la confessione dell’unicità del Dio d’Israele: «Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno» e prosegue enunciando il dovere dell’uomo verso questo Signore uno e unico: «Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Cf. Dt 6,4-5). Questa confessione di fede per l’israelita non è una mera codifica dottrinale, è una preghiera, è uno zkr, un ricordo continuo di Dio, e della sua alleanza: «Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte» (Dt 6,6-9).
La formula di fede non è intesa solo per la codifica intellettuale e la recitazione meccanica dell’appartenenza confessionale, ma è invito a rinfrescare l’incontro con Dio e a ri-cordare – a riportare all’attualità del cuore – la sua opera, la sua presenza, il suo amore. Non a caso lo shema’ è seguito dall’avvertimento: «guardati dal dimenticare il Signore».


Questa è la nostra fede
Con questo titolo Giuliano Vigini propone una raccolta di formule e simboli di fede che vanno dalle prime brevi confessioni di fede presenti nel Nuovo Testamento fino al Credo del popolo di Dio di Paolo VI. Il piccolo volume, pubblicato dalle Edizioni San paolo si suddivide in quattro parti:
La prima parte raccoglie alcune «formule» di confessione del Nuovo Testamento e dei padri apostolici. Queste formule rivestono una particolare importanza in quanto, per la loro antichità, costituiscono le prime testimonianze autentiche del kerygma pasquale e della professione di fede trinitaria. Esse sono «la porta d’ingresso nella rivelazione cristiana» in cui ogni successivo enunciato trova fondamento e linfa.
La seconda parte ci mette a contatto con i simboli di fede che costituiscono l’elaborazione e lo sviluppo congenito alle formule. Il primo tra questi simboli è il cosiddetto «simbolo degli apostoli» (definito così per la prima volta da sant’Ambrogio di Milano). Il simbolo apostolico si struttura con semplicità su due versanti portanti: trinitario e cristologico. I successivi simboli testimoniano un progressivo approfondimento e ratificazione per rispondere alle eresie e per esprimere lo sviluppo nella comprensione storica del dogma.
La terza parte è dedicata alle «professioni» di fede, tra cui forse il più famoso è il «Credo del popolo di Dio» di Paolo VI. Un testo indetto nel 1967 per onorare il XIX centenario del martirio per la fede degli apostoli Pietro e Paolo. Frutto di un dialogo attento con vari filosofi e teologi contemporanei, la professione di fede di papa Montini è un aiuto per rinsaldare la fede apostolica «in un momento – come affermò lo stesso papà in seguito – in cui facili sperimentazioni dottrinali sembravano scuotere la certezza di tanti sacerdoti e fedeli, e richiedevano un ritorno alle sorgenti».
La Quarta è ultima parte è dedicata alle «preghiere» di alcuni geni del cristianesimo che hanno saputo tradurre la confessione in dialogo e la formula oggettiva in modulazione personale e relazionale. Ci piace chiudere questa breve recensione con un passo di una preghiera in versi di sant’Ilario di Poitiers:
Tu sei prima dei tempi,
sempre Figlio e sempre come il Padre
- senza di te, infatti, come può dirsi Padre
chi padre non è? –

Dio due volte a noi generato
o Cristo, tu che nasci da un Dio non nato,
tu che al mondo una vergine madre
generò corpo d’uomo e Dio […],

Beato chi per fede poté credere
in tutto a una realtà sì grande:
che dal Dio incorporeo
sia nato il Figlio di Dio


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