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Invito alla lettura della «Introduzione al Nuovo Testamento»
Robert Cheaib
«La chiesa ha quattro vangeli, l’eresia molti». Queste parole di Origene attestano la diffusione nel secondo secolo di tanti scritti che pretendevano essere autorevoli sulla vita di Gesù e sul suo insegnamento. Ma la presenza di documenti non ritenuti affidabili o autorevoli risale a molto prima. Già Luca prende atto del fatto che «molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi» e decide di scrivere il suo vangelo facendo ricerche accurate e redigendo un resoconto ordinato basandosi sulla testimonianza di coloro che furono da principio testimoni dell’evento-Cristo.
La formazione del canone neotestamentario non è stato una realtà istantanea o facile ma un processo che è passato per varie fasi tanto di esclusione quanto di codificazione. Un processo doppio di questo genere è stato, ad esempio, intrapreso nel secondo secolo nell’ambiente della comunità di Roma dove sono stati segnalati tentativi di scegliere dal fiume di scritti disponibili quei testi da considerarsi normativi e vincolanti in modo esclusivo.
Il processo di formazione del canone «ortodosso» è stato accompagnato da operazioni alternative che si riassumono in due: il tentativo di Marcione con il suo canone scritturale bipartito e il tentativo di Taziano con la sua armonia dei vangeli.
Secondo Marcione, anche gli apostoli hanno frainteso Gesù considerandolo il Messia del Dio ebraico e quindi hanno ebraicizzato i suoi insegnamenti. L’unico – secondo Marcione – che ha capito bene Gesù è Paolo. Per questo, il canone di Marcione esclude tutti gli scritti del NT tranne le lettere paoline (purificate dagli elementi ebraici) e il vangelo di Luca noto come accompagnatore di Paolo.
La seconda alternativa al canone è concepita in un modo ben diverso (e non ereticale). Stiamo dinanzi al Diatessaron di Taziano, discepolo di san Giustino, il quale cerca di armonizzare la discrepanza dei quattro vangeli in un unico scritto. L’idea dei diatessaron (da quattro) infatti viene dal campo musicale e punta a formare una sequenza di quattro toni armonici.
Rispetto a queste alternative che cercano di eliminare i contrasti e la pluralità, la formazione del canone tiene conto del difficile e coraggioso equilibrio da mantenere tra i vari scritti e il dialogo con la tradizione ebraica. Così, di fronte all’unico vangelo di Marcione e all’armonia dei vangeli di Taziano nel canone cristiano propone quattro vangeli diversi ma convergenti e complementari. Il canone cristiano osserva due principi: quello pluralistico e quello dialogico.
La formazione del canone
La data precisa e le dinamiche della formazione del canone sono più che mai controverse. I padri fondatori degli studi sul canone collocano la nascita di questi a metà del II secolo. Gli studi odierni spostano la «chiusura definitiva» del canone al IV secolo. Si adduce come esempio per la chiusura del canone la lettera pasquale del 367 di sant’Atanasio di Alessandria. In quella lettera il vescovo definisce come vincolanti i libri considerati «fonti della salvezza» e dopo l’elenco dei libri dell’Antico Testamento secondo l’ordine dei Settanta, elenca i 27 libri del NT nell’ordine che ci è familiare. Solo che le sette lettere cattoliche, in conformità all’ordine anteriore al IX secolo sono poste subito dopo Atti.
Il processo di canonizzazione delle Scritture non parte da zero, ma si rifà a un materiale già raccolto e la definizione progressiva del canone avviene gradualmente «privilegiando determinati scritti, non definendo un corpus di scritti ben delineato». In altre parole, nel canone vengono ripresi gli scritti già diffusamente in uso (il corpo paolino) e vengono completati (dalle lettere cattoliche), si prende una decisione contro la tendenza ad armonizzare i vangeli e a favore di insiemi di testi che vengono ristrutturati. I criteri di canonicità sono la paternità apostolica, la conformità con la regula fidei e il criterio della ricezione.
Un invito alla lettura
L’imponente opera Introduzione al Nuovo Testamento curata da Martin Ebner e da Stefan Schreiber costituisce un ottimo aiuto per chi si appresta a studiare il Nuovo Testamento. Lo stile è rigoroso e sistematico, ma allo stesso tempo accessibile e comprensibile così da soddisfare le esigenze dello studioso di Sacra Scrittura e del lettore colto senza particolare preparazione in materia esegetica. L’opera presenta in capitoli densi di contenuto e di bibliografia i risultati più aggiornati della ricerca sui singoli libri del Nuovo Testamento.
La questione del canone è solo una fra le tante questioni che affrontate nel volume. Un altro saggio interessante, ad esempio, è quello dedicato alla famosa e discussa fonte Q. Per quanto riguarda i capitoli dedicati ai singoli libri del Nuovo Testamento, la trattazione si articola in tre sezioni:
1.     Struttura: per i testi narrativi viene analizzata la struttura interna del racconto, nel caso dei testi più discorsivi la struttura dell’argomentazione.
2.     Origine: qui si discutono non solo l’epoca della stesura, ma anche le fonti e le tradizioni utilizzate, gli stadi iniziali del testo e le ipotesi di suddivisione del materiale.
3.     Trattazione: si presenta la prospettiva sotto la quale viene delineato il messaggio cristiano: in quale ambiente culturale esso viene annunciato, rispetto a che cosa prende risalto, quali contenuti impiega per farlo. Si mostra il modo in cui la ‘teologia’ si sviluppa in situazioni storiche.
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Il libro è disponibile sul seguente link: