Serbare
un’eredità che ha segnato autorevolmente la Chiesa dai tempi del Concilio
Robert
Cheaib
Riconoscere la grandezza dell’uomo Joseph Ratzinger e del suo contributo per il rinnovamento della Chiesa non può limitarsi al periodo del suo ministero petrino. Sicuramente gli otto anni del pontificato di Benedetto XVI sono stati una manifesta influenza nella storia della Chiesa e del mondo; un contributo dato in un periodo per niente facile per la Chiesa. Ma è bene estendere il riconoscimento e la riconoscenza a quanto quell’uomo ha dato alla Chiesa ad altri ed alti livelli per ben più di 50 anni.
La
riconoscenza si nutre di conoscenza, da qui l’importanza di un libro come
quello di Gianni Valente che ripercorre la cronaca dell’avventura conciliare di
Joseph Ratzinger come essa emerge nei documenti e nelle testimonianze
rintracciabili negli archivi e nelle pubblicazioni sul Vaticano II. Il libro Ratzinger
al Vaticano II pubblicato presso le Edizioni San Paolo risponde con la
stessa chiarezza e lapidarietà del titolo del libro alla domanda: «cosa ha
fatto Joseph Ratzinger al Concilio Vaticano II?».
Un curriculum poco romano
Il libro si apre con un capitolo dedicato ai primi passi nella docenza teologica dell’appena trentaduenne Joseph Ratzinger. Il giovane teologo aveva presentato per l’abilitazione alla docenza una tesi dottorale bocciata dal correlatore Michael Schmaus che la accusò di «modernismo». Ratzinger ha dovuto eliminare varie parti della tesi e limitarsi a sviluppare la parte della tesi che si dedicava ai rapporti tra la teologia della storia di san Bonaventura e le speculazioni dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore.
Il
capitolo mostra il «curriculum poco romano» di Ratzinger e la sua
partecipazione al disagio diffuso verso «la statica impostazione neotomista». Sul
lato della sua prassi pastorale, Ratzinger nota il disagio giovanile e il paganesimo
che stava compenetrando a passo celere nella loro visione e – peggio ancora –
nella loro sensibilità.
L’incontro
provvidenziale con il cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia fa sì che
Ratzinger non giungesse al Concilio «come uno sprovveduto o un intellettuale
perdutosi nei suoi pensieri», ma come un uomo di Chiesa che ben conosce le
sfide che la Chiesa deve affrontare e le attese che albergano nel cuore dei
suoi figli e del mondo.
Il compito del Concilio
Già nelle prime sedute conciliari, il teologo consulente del cardinal Frings intuirà che «l’armata di Cristo in questa ora ha altre cose da fare che entrare in dispute accademiche. Il mondo non sta attendendo da noi altre sottigliezze di un sistema, ma aspetta di ascoltare la risposta della fede nell’ora della non fede». In altre parole, il teologo coglie bene il senso della sfida pastorale lanciata da Papa Roncalli.
Il
libro di Valente mostra il prezioso contributo di Ratzinger – passato da
consulente teologico «privato» del cardinale Frings a perito Conciliare – nella
formazione dei vari documenti del Concilio.
Nell’arco
di una recensione non è possibile elencare i vari contributi. Ci limitiamo – a
mo’ d’un invito alla lettura – a tracciare le grandi linee del suo contributo
alla formazione della Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione, Dei
Verbum.
La Rivelazione divina
La presentazione dello schema De fontibus da parte del cardinal Alfredo Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio, mostra il tentativo iniziale di confermare la tendenza della manualistica di presentare la Scrittura e la Tradizione come le due fonti della Rivelazione divina. Ma contro questo presupposto – sostenuto tra l’altro per una presunta antichità – Frings (che sicuramente riporta il frutto delle consultazioni con Ratzinger) mostra che tale ipotesi è ben distante dall’antichità teologica. La dottrina delle due fonti, infatti, «non è antica, e anzi è aliena dal linguaggio dei santi padri, dei Concili, degli scolastici e dello stesso san Tommaso».
Gli
85 interventi orali della discussione dello schema mostreranno il vasto
dissenso rispetto allo schema De fontibus. Papa Giovanni eserciterà la
pienezza dei suoi poteri «schierandosi – come commenterà il giovane Ratzinger –
dalla parte del Concilio [frenando] le tendenze egemoniche dei servizi della
Curia».
Ratzinger
collaborerà con il grande Karl Rahner per preparare un nuovo schema. Lo schema
Rahner-Ratzinger affermerà con forza la dipendenza della Chiesa dalla Parola di
Dio. I due teologi mostreranno come la Chiesa «è custode della parola di Dio
rivelata dalle Sacre Scritture, serve questa parola, vive di questa parola. In
essa trova la sua ricchezza». Ma lo schema prende ugualmente le distanze dalla
protestante sola Scriptura giacché «mai la Scrittura basta a se stessa,
ma solo nella viva Tradizione della Chiesa diviene per noi quella viva parola
di Dio che ci chiama dalla nostra depressione in un solo uomo nuovo (Ef 2,15)».
Vi è un carattere bilaterale che unisce Scrittura e Tradizione: «la Chiesa non
può predicare altro se non la Scrittura, ma la Scrittura non vive se non nella
predicazione e nella fede della Chiesa, che la chiarisce e ne definisce, con la
sua autorità, il vero senso».
L’impronta
fortemente rahneriana del documento impedirà il suo inserimento come base della
discussione conciliare. Anche se vari Padri conciliari sosterranno il testo.
Così questo documento sparirà esplicitamente, ma lavorerà implicitamente gli
animi come testimonieranno gli atti conciliari che attesteranno come questo
documento – assieme ad altri fattori – abbia contribuito al ribaltamento della
prospettiva che verrà canonizzata nella Dei Verbum.
Un
teologo modesto
Concludendo
questa recensione vorrei riportare due commenti sul perito conciliare bavarese.
La prima è di Yves Congar che scrive nel proprio Diario del Concilio:
«Fortunatamente c’è Ratzinger. È ragionevole, modesto, disinteressato, di buon
aiuto». La seconda è di Henri de Lubac che definisce Ratzinger come «teologo
tanto pacifico e benevolo quanto competente». Le parole dei due grandi teologi
sono per noi un invito a conoscere più a fondo l’uomo che adesso accompagna la
Chiesa in preghiera e umile silenzio.
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Il
libro è disponibile sul seguente link: Ratzinger al Vaticano II