«Uomo-Donna. Grande mistero» di Giorgio Mazzanti

Robert Cheaib

Nella nostra «società liquida» l’amore anche si è liquefatto.  A volte ci fa così tanta paura l’impegno dell’amore che preferiamo rimanere liberi nella prigione delle nostre private sicurezze e nelle gabbie dorate delle nostre solitudini. Paradossalmente, però, constatiamo una ricerca spasmodica di briciole d’amore. «Cosa non si fa per un morso d’amore?», si chiede Giorgio Mazzanti all’inizio del suo nuovo libro Uomo Donna. Mistero grande delle edizioni San Paolo.


Una nuzialità aperta all’Assoluto
Forse il nostro problema è quello di cogliere il profondo respiro e la profonda esigenza d’amore. Questo libro di Giorgio Mazzanti – autore noto già per vari contributi teologici sulla sponsalità – offre un riassunto semplice della sua lettura nuziale del mistero cristiano.
Mazzanti parte dai racconti dell’inizio ricordando la sorprendente novità e fecondità degli antichi racconti di Genesi 1 e 2, scritti in un linguaggio poetico e simbolico di inesauribile ricchezza.
Lo sguardo dell’autore coglie la coppia nel suo sfondo divino convnito che «la coppia ha una propria sussistenza solo se in-siste in Dio; se sta in Dio e con Dio» (16). Il grande mistero sussiste in questo: l’uomo e la donna nella loro finitudine sono desinati all’infinito e alla pienezza. Vi è un perenne rimando tra la realizzazione del coniugio personale della coppia e il coniugio della coppia con Dio.



L’inizio dell’avventura nuziale come avventura spirituale avviene con il superamento dell’illusione alienante che vede in Dio un concorrente piuttosto che il torrente che alimenta la vita degli sposi e «la sorgente che vuole la pienezza del fiume del loro destino d’amore» (17). Bisogna rendersi conto che «dentro l’amore umano batte sempre, come suo cuore instancabile e nascosto, l’Amore stesso di Dio» (31).
Scelti per essere santi e immacolati nell’amore
Mazzanti mette in luce l’inclusione nuziale della rivelazione, già rilevabile nella sua dimensione scritturistica. La salvezza operata da Dio inizia con una coppia protologica (Adamo ed Eva) e si conclude con la presenza di una coppia escatologica, quella di Cristo e la Donna (Maria-Chiesa).
La riflessione attraversa le parole (cap. II) e i gesti (cap. III) nuziali di Gesù. Le parole di Gesù e il suo pensiero sulle nozze vanno al di là dei condizionamenti storici dovuti alla «durezza» del cuore dell’uomo per tornare al «principio». Tornare al «principio» è scoprire la natura misteriosa e mistica dell’incontro amoroso. Esso si radica nel cuore di Dio.
Vale la pena riprendere per esteso un’acuta riflessione del Mazzanti proprio su questo radicamento nel mistero e nell’eterno dell’incontro storico uomo-donna: «Non ci sarà mai un giorno in cui uomo e donna sapranno sino in fondo il perché proprio loro due si sono incontrati, avventurandosi nella loro storia/trama di amore. La ragione ultima di tale incontro sfugge loro perché abita il cuore di Dio. E le sue vie sono misteriose, ma veicolano comunque un progetto positivo per l’umanità».
«La verità dell’amore di un uomo e di una donna, probabilmente, sta proprio nel dire e nel dirsi insieme: accettiamo questo mistero su di noi, dando credito a Colui che ci ha messi insieme. Ciò sta a dire che due persone, che stanno unite nell’amore, non sono due infelici: sono due che credono sino in fondo che l’atto della congiunzione che li ha fatti entrare in rapporto tra loro racchiuda molto più di quanto forse essi stessi, umani, possano immaginare e aspettarsi. Nella scelta di uomo-donna si dà credito a una scelta precedente: qualcuno, Dio, ci ha uniti e questo è il motivo vero del nostro stare insieme» (46-47).
L’amore degli sposi è la dimensione non strumentalizzabile per nessun’altra finalità. Così come non si può strumentalizzare un figlio per fare stare insieme i genitori. La loro motivazione di unione nuziale deve sussistere profondamente in loro. Il figlio, a sua volta, chiede e richiede ai genitori un amore sponsale ancora più profondo, non ponendosi come rivale ma come esigenza di maggior nuzialità e comunione.
Il «gesto» delle nozze di Cana, per parlare solo di uno dei tanti gesti nuziali che l’autore presenta, mostra che Cristo vuole donare alla coppia umana «la festa, l’ebbrezza, l’estasi. Il vino porta un po’ sempre l’uomo fuori di sé. Cristo dà lo Spirito Santo alla coppia umana perché esca da se stessa e non rimanga ripiegata su di sé. Perché solo quando la coppia accetta di uscire da se stessa, può trovare la pienezza della propria vita ma anche della gioia. Ma lo può solo nello Spirito Santo che porta e introduce le persone alla comunione nuziale con Dio, alle nozze ultime e definitive, quelle con Cristo» (60).
Tutto il mistero di Cristo è nuziale
L’incarnazione stessa di Cristo è colma di una dimensione nuziale. «Egli ha voluto per sé un corpo di carne, al fine di poter diventare una carne sola con l’umanità» (72). L’atto di versare il suo sangue costituisce per Cristo l’unica maniera umana per dire la totalità e la pienezza del suo amore per l’umanità» (Ibid.).
Cristo si fa carne e si fa «pane» e richiama gli sposi a essere e a rimanere nella loro corporeità, anzi a viverla nella sua pienezza e nel suo profondo rimando dove «la corporeità sprofonda nel divino, sprofonda nello Spirito, a tal punto che la vera esperienza dello Spirito Santo passa anche attraverso la corporeità nuziale» (77). Non è infatti il corpo che distanzia Dio, ma una vita sbagliata nella propria corporeità. Anzi, gli sposi che si amano davvero – secondo l’insegnamento di sant’Ambrogio – amandosi e baciandosi possono comunicare fra di loro lo stesso Spirito di Dio.
Tra la storia e la Trinità
La Chiesa (cap IV) ripercorre e riecheggia il sacramento nuziale di Cristo nella storia. Essa declina ed esprime la nuzialità di Cristo nelle varie dimensioni dell’esistenza umana.
Il peccato, invece è la chiusura e il rifiuto della dimensione nuziale della propria esistenza (cap. V). Il peccato è l’isolamento, una tentazione che colpisce la coppia soprattutto all’inizio dove gli altri sono un impiccio per la tendenza fusionale dell’innamoramento. Mazzanti descrive la dinamica così: all’inizio la coppia sperimenta un moto di anarchia, di distacco dall’arche, dalla sorgente, per poi rinchiudersi in se stessi in un moto di autarchia. Quest’autarchia, però, presto degrada in una ricerca di monarchia, di dominio di uno sull’altro. La coppia non è più in-nocente, giacché i due diventano nocivi e distruttivi l’uno per l’altro. Dallo «stare di fronte» di Genesi uno, passano alla guerra, allo «stare al fronte» (117).
La riflessione del teologo toscano rivela che Dio è implicito a ogni esperienza di vero amore di coppia, anche in chi non conosce tematicamente Dio. Perché l’uomo, vivendo l’esperienza dell’amore, «fa già l’esperienza di qualcosa che supera l’umano, di qualcosa di sacro» (120). L’amore è una ierofania, è una manifestazione divina.
Cristo nell’Eucaristia rovescia la dinamica del peccato originale. Invece di strappare la vita la dona, invece di mangiarla, si fa pane di vita. Nell’Eucaristia, nella communio eucaristica, si realizza la profezia di Genesi: «Dio ha creato l’uomo e la donna perché siano tesi verso l’una carne. Mai come nel momento dell’Eucaristia si compie la profondità del mistero nuziale che è insieme l’unione dell’amato e dell’amata, ma anche il loro stare uno di fronte all’altra» (152-153).
Questo mistero eucaristico è il mistero della Trinità che è il fondo eterno e il modello divino del mistero nuziale tra uomo e donna. La nuzialità, infatti, abita il cuore del Dio trino e scaturisce dalla comunione trinitaria e richiama gli sposi alla loro vera vocazione, quella divina e divinizzante.