Robert
Cheaib
Gesù
spingeva i suoi interrogatori a interrogarsi nel senso pienamente riflessivo
del verbo e del gesto. Li invitava a mettersi in questione, a tastare e testare
le proprie
certezze e i propri intenti.
Gesù
suscitava domande vere nei suoi interlocutori, riguardo alla loro vita, e,
contemporaneamente, su di lui, sul suo operato e sulle sue affermazioni. Questo
Gesù continua a suscitare domande ancora oggi. Ci chiediamo ancora: chi era?
Cosa pensava realmente? Cosa intendeva con alcune sue affermazioni enigmatiche?
Qual era la sua autocoscienza? Era cosciente del proprio cruento destino?
Perché è morto realmente?
Il
libro, che sintetizza il Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore dello
stesso autore (Queriniana, Brescia 2012), consta di dieci capitoli. Il
primo capitolo si ferma dinanzi all’evento Gesù Cristo constatando il quid che
ancora riecheggia nella storia. «Qualcosa deve pur essere accaduto in
Palestina, circa duemila anni fa, se oggi si continuano a leggere i testi che
raccontano la vicenda di Gesù di Nazaret, se ci sono ancora persone che ne
trasmettono la memoria, se esiste ancora chi, nel di quell’uomo creduto Figlio
di Dio, vive, lotta e soffre per suo amore, in varie parti della terra» (7).
Il
capitolo considera le fonti che si hanno per accedere a una conoscenza maggiore
riguardo a Gesù, spiegando i criteri adottati per la scelta dei riferimenti
affidabili (i vangeli canonici): antichità, pubblicità, universalità.
La seconda parte del capitolo si confronta con la ricerca storica e i vari
criteri di autenticità adottati per accostarsi alla comprensione della figura
storica di Gesù.
Il
secondo capitolo presenta «il mondo di Gesù», ossia l’ambiente culturale,
politico e religioso in cui nasce, vive e muore il nazareno.
Il
progetto di Gesù
Il
terzo capitolo è una felice presentazione sintetica del «progetto di Gesù».
Gronchi effettua la presentazione mettendo in luce tre aspetti in cui si
profila il progetto del nazareno: le parole, i gesti e le relazioni.
Per
quanto riguarda le parole, primeggia la parola regno di Dio che apre
l’annuncio gesuano in Marco, Matteo e Luca (Matteo, di sensibilità ebraica,
preferisce non nominare Dio e opta per l’espressione regno dei cieli). La
proclamazione del regno da parte di Gesù assume «la duplice dimensione del
presente e del futuro, vicino e da venire» (32). Il regno è futuro, deve
venire, ma è già presente in Gesù che è il regno in persona, l’autobasileia.
La
proclamazione del regno non è solo un annuncio futuristico o apocalittico, ma è
un invito a una vita nuova. Il regno ha una sua etica fondata sul
perdono, la riconciliazione e l’amore verso i nemici.
Gronchi
spiega che la novità e originalità di Gesù per quanto riguarda il comando
dell’amore è quella della «finalizzazione e fondazione teologica di tale amore:
il Padre celeste è padre di tutti, ed è lui che dona ed esige la perfezione
dell’amore» (34). L’etica gesuana comporta una radicale rinuncia al potere e
una relazione di libertà interiore e di distacco verso le ricchezze e le
proprietà. Un’altra dimensione fondamentale dell’etica trasmessa dal nazareno è
la preghiera, che egli pratica ed esorta a praticare con assiduità.
La
corona dell’etica di Gesù è il duplice comandamento dell’amore verso Dio e
verso il prossimo.
I gesti
che dipingono meglio il progetto di Gesù partono dalla sua investitura
regale al battesimo, passando per i suoi segni e prodigi, per il perdono dei
peccati. Mentre le sue relazioni manifestano il suo volto umano inscindibile da
quello divino. Gesù vive da subito relazioni fondamentali e costitutive come
quelle che lo legano a Maria e Giuseppe. Egli forma la sua comunità di seguaci
ed «amici». Mostra particolare attenzione verso i malati e i sofferenti. Vive
una libertà interiore insolita per il suo tempo verso le donne e mostra
attenzione anche verso i bambini. Senza dimenticare le contestate relazioni e
posizioni verso le categorie emarginate del tempo come i peccatori, i
pubblicani.
Il
quarto capitolo considera il destino tragico di Gesù cercando di coniugare la
motivazione storica che porta Gesù inesorabilmente verso il destino della croce
e la motivazione teologica grazie alla quale Gesù qualifica e accoglie la sua
morte.
Una
comprensione retta dell’evento-croce passa necessariamente tramite una
comprensione non monolitica. «A livello storico si è trattato di una serie di
circostanze più o meno ricostruibili; sul piano dell’interpretazione credente
c’è una risposta essenziale, formulata dall’apostolo Paolo: “Cristo morì per i
nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3). […] è vero che Gesù fu
“inchiodato sulla croce per mano degli empi” (At 2,23), ma è ancora più
decisivo che egli trasformò questa volontà distruttiva in un libero dono
d’amore della propria vita: “nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso”
(Gv 10,18)» (49).
La
cristologia nella storia
Nei
margini di una breve recensione, non è possibile sviluppare i vari elementi di
un libro sintetico, denso e scorrevole nel contempo. I cinque capitoli
successivi sono una considerazione delle tappe della riflessione su Gesù nelle
varie culture. A partire dalla riflessione paolina, passando per
l’inculturazione nel contesto ellenistico, le sfide delle deviazioni eretiche e
la definizione della retta fede.
Il
capitolo settimo si dedica al medioevo latino e quindi al rilievo dato nella
riflessione dei suoi protagonisti al motivo della redenzione e al senso
dell’incarnazione (Cur Deus homo). Mentre i capitoli 8 e 9 sono dedicati
rispettivamente alla questione cristologica moderna e contemporanea.
Il
decimo capitolo si dedica a considerazione cristologhe legate alle tematiche
emergenti degli ultimi anni, e più precisamente alla questione del rapporto tra
Gesù e le altre esperienze religiose.
Il
libro di Maurizio Gronchi risponde ottimamente al profilo delineato dalla
collana Parole della fede in quanto offre in circa 200 pagine uno
sguardo sintetico ma sufficiente ed efficiente su Gesù Cristo «autore e
perfezionatore della nostra fede» (Eb 12,2).