Robert Cheaib
«Il modo diverso di concepire il tempo ci divide più di
molte altre così». Con queste parole il noto storico e teologo ebreo Ernst
Ludwig Ehrlich ha voluto sottolineare la distanza che secondo lui si è
instaurata inscindibilmente tra la concezione del tempo nell’ebraismo e quella
nel cristianesimo.
Ehrlich si riferisce al cambiamento che il cristianesimo ha
introdotto nel calcolo del tempo sulla base della convinzione che la redenzione
sia già avvenuta, o almeno
iniziata in modo irrevocabile: «Il Regno di Dio è
già in mezzo a voi». L’ebraismo, invece, vive ancora nell’attesa, nella
protensione verso la pienezza della storia che non si è manifestata ancora.
Ma sono così realmente distanti queste due concezioni del
tempo? La fede cristiana si è realmente adagiata e assorbita nello splendore
del «già»? – In realtà, se guardiamo il NT o se sentiamo le pulsazioni profonde
della teologia e della spiritualità cristiana, notiamo una forte tensione verso
il «non ancora». Il «già e non ancora» è un distintivo della tensione
cristiana, anzi, della stessa epifania cristica. Il Cristo che è venuto e che è
«con noi fino alla fine dei tempi», è ancora atteso, desiderato nella sua
seconda venuta nella gloria. E la vita dei cristiani, a sua volta, è tesa tra
due realtà che Giovanni mette così: «Noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò
che saremo non è stato ancora rivelato» (1Gv 3,2).
In realtà, il cristianesimo ha assunto da subito
l’articolazione, le forme linguistiche e le figure dell’ebraismo. Che ci sia
un’«apocalisse» che chiude le Scritture cristiane è già una prova di tale
protensione condivisa. Il libro di Josef Wohlmuth, Mistero della
trasformazione. Tentativo di una escatologia tridimensionale, in dialogo
con il pensiero ebraico e la filosofia contemporanea, edito dalla
Queriniana per la collana «Biblioteca di teologia contemporanea», accoglie
proprio questa sfida di mostrare la convergenza tra le due escatologie, quella
cristiana e quella ebraica, in dialogo con la filosofia contemporanea.
Hanno qualcosa di speciale quei libri che nascono
dall’incontro-scontro di visioni e sistemi diversi. Il libro di Wohlmuth
avvicina il tema escatologico in questa sua triplice configurazione offrendo
ricchi orizzonti interpretativi. Il dialogo e il confronto serrato che l’autore
porta dall’inizio alla fine del libro mostrano che l’attesa escatologica permea
anche la filosofia contemporanea (e quindi il sentire comune implicito
dell’uomo d’oggi).
«Ormai solo un Dio ci può salvare», così affermava un
Heidegger maturo e navigato in un’intervista al settimanale Der Spiegel nel
1966 (l’intervista verrà pubblicata soltanto dopo la morte di Heidegger, nel
1976). Ma già prima, nella conferenza di Marburgo del 1924, il filosofo tedesco
afferma in maniera programmatica: «L’esserci, compreso nella sua estremo
possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo. […]. Il
fenomeno fondamentale del tempo è il futuro». Le vere possibilità
dell’esserci si misurano con la declinazione al futuro. L’attimo è il «luogo»
dell’eternità.
L’opera di Wohlmuth ci offre un assaggio dello sviluppo e
della «trasformazione» dell’escatologia avvenuti nel XX secolo. Essa non è più
e semplicemente il trattato sui novissimi. È piuttosto una dimensione e
una tensione che compenetra tutto il mistero cristiano. Questo risveglio e
quest’attenzione verso la dimensione escatologica sono tracciati simpaticamente
da von Balthasar così: «Se poteva valere per il liberalismo del diciannovesimo
secolo la parola di Troeltsch: “L’ufficio escatologico è quasi sempre chiuso”,
questo, dalla svolta del secolo in poi, al contrario fa ore in soprannumero».
Seguendo lo spunto balthasariano, possiamo dire che il libro
di Wohlmuth offre una ricca panoramica sugli «straordinari» dell’escatologia.
L’autore affronta questioni preliminari in dialogo con la filosofia ebraica
contemporanea dell’ospitalità, vaglia la tensione sussistente tra apocalittica
ed escatologia, soppesa gli effetti dell’illuminismo e delle due guerre
(Auschwitz) sull’escatologia cristiana, soprattutto di un Metz e di un
Moltmann. In seguito, Wohlmuth traccia le basi di una escatologia fondamentale
vagliando il rapporto tra eternità e tempo. Il cuore del saggio è la tripartita
considerazione del linguaggio escatologico (escato-estetica), della
logica e della rilevanza veritativa dell’escatologia (escato-logica) e
dell’agire morale corrispondente alla fede escatologica (escato-prassi).
Queste parti centrali, come anche la parte finale che tratta
di questioni particolari di escatologia si distinguono per il confronto serrato
e attento tra i dati della fede – ebraica e cristiana – e tra grandi nomi della
filosofia contemporanea come Husserl, Heidegger, Buber, Rosenzweig, Adorno,
Levinas, Derrida…
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Il libro è disponibile sul seguente link:
http://www.amazon.it/trasformazione-Tentativo-escatologia-tridimensionale-contemporanea/dp/8839904646/ref=pd_rhf_se_p_t_1_7D5S?tag=zenilmonvisda-21