Robert Cheaib
«Cantare amantis est», Cantare è proprio dell’amore.
L’osservazione di sant’Agostino trova un’eco profonda nella teologia
trinitaria. Se lo Spirito Santo è l’Amore del Padre e del Figlio, allora tra il
Padre e il Figlio vi è un Canto, non di angeli ma un Canto divino, personale,
eterno, lo Spirito-Soffio d’Amore che unisce e armonizza il Padre e il Figlio.
Questo breve inciso agostiniano
apre davanti ai nostri occhi uno squarcio immenso sull’importanza della musica nell’esperienza credente e teologica, e contemporaneamente sul tragico oblio di questo accordo.
apre davanti ai nostri occhi uno squarcio immenso sull’importanza della musica nell’esperienza credente e teologica, e contemporaneamente sul tragico oblio di questo accordo.
Uno sguardo alla Bibbia ci rammenta l’importanza della
musica e del canto. Non a caso, quasi al centro dell’architettura canonica
abbiamo un libro dedicato al canto nella sua massima espressione ed
ispirazione. La ritmica, le rime e la musica non scarseggiano nemmeno nei libri
narrativi, negli oracoli dei profeti, fino al culmine mistico ispirato e
ispirante del «musical» detto Cantico dei Cantici. A ragione Gianfranco
Ravasi osserva che la Bibbia inizia con il sonum che alleggiava sulle
acque e termina con il canto della liturgia celeste.
Il libro Teologia e musica. Dialoghi di trascendenza
di Jordi-A. Piqué i Collado si sforza a far convergere le strade di questi due
affluenti che raramente si incontrano (ahimè!). Lo stesso autore enuncia la
collocazione della sua opera sulla relazione tra teologia e musica denunciando
il fatto che tale studio si situi «tra i capitoli più dimenticati del sapere
teologico contemporaneo».
L’opera, quindi, si propone di contribuire al recupero di
questo campo relazionale per «poter approfondire teologicamente l’ambito
dell’esperienza come elemento di conoscenza della percezione del Mistero». Vi
sono, infatti, delle differenze e delle affinità tra l’uomo religioso e
l’artista che Hans Urs von Balthasar sottolinea così: entrambi sono mossi,
ispirati, sono depositari di un comando esterno. Per l’uomo religioso sarà
l’impulso intellettuale-razionale nel campo della fede, per l’artista
l’ispirazione. In fin dei conti, arte e religione mirano entrambe alla
contemplazione dell’alterità, del “Tu”. In una parola, entrambe cercano di
delineare «l’impressionabilità dell’inesprimibile».
L’opera consta di tre parti. La prima è dedicata ad
analizzare la relazione teologia-musica in prospettiva biblico-teologica. La
seconda, dal titolo Musica in Theologia, approfondisce gli scritti sulla
musica di sant’Agostino, Hans Urs von Balthasar e Pierangelo Sequeri. La terza
parte, Theologia in Musica, si dedica ad evincere il discorso teologico
presente in alcune opere di compositori come Tomás Luis de Victoria, Arnold
Schönberg e Olivier Messiaen.
L’intento dell’opera è portare a ricomprendere la musica
come elemento “quasi” sacramentale, in grado di percepire (aisthesis) il
Mistero che Balthasar declinò una volta in chiave musicale così:
«Prima che la Parola di Dio si facesse uomo, l’orchestra
andava […] strimpellando senza un disegno preciso […]. Poi, al di sopra di
tutto risuona il la, simile a una promessa. […] Infine giunse il Figlio,
l’erede di tutto per il quale era stata voluta anche tutta l’orchestra. Mentre
sotto la sua direzione viene eseguita la sinfonia di Dio, si svela anche il
significato della sua pluralità».
Photo: Some rights reserved by thegreattiny
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