Robert Cheaib
«Nell’ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il
sole comincia appena a declinare, disse di aver visto con i propri occhi in
pieno cielo e al di sopra del sole il segno luminoso di una croce, unita alla
quale c’era un’iscrizione: “Con questo segno vinci”». Così lo scrittore
ecclesiastico Eusebio di Cesarea racconta la visione di Costantino. Questo
segno nel cielo verrà impresso sugli scudi dei suoi militari, divenendo il
vessillo ufficiale dell’imperatore.
La croce – come signum e come symbolon – e la
sua importanza nella pietà, nel culto e nella riflessione dei cristiani, non
nasce però
da quest’esperienza costantiniana. Il libricino di Claudia Corti, La croce nei primi quattro secoli. Dal buio alla luce, edito dalla San Paolo,
ripercorre alcune delle tappe salienti e dei luoghi privilegiati in cui è stata
raffigurata o scolpita.
Partendo dalla crocifissione al tempo di Gesù, l’autrice
spiega che esistevano due tipi di croce, che hanno influenzato la storia
dell’iconografia dei secoli seguenti. Il primo è «la croce detta commissa, e
consisteva in un palo verticale sormontato da un altro orizzontale, in modo da
formare una lettera "T"; l’altra tipologia era detta croce immissa, ovvero un
palo verticale con a tre quarti l’intersezione del braccio orizzontale».
Quest’ultima, come ben si sa, ebbe una diffusione maggiore, per l’uso di
mettere sopra la testa del condannato il titulus che esprimeva la
motivazione della condanna.
Attraverso un viaggio nei primi secoli, l’autrice mostra da
un lato l’evidenza storica per la forma e la devozione riguardo alla croce
(come la conosciamo noi e non come un semplice palo; si veda ad esempio
l’antico graffito di Alessameno della prima metà del III secolo). Dall’altro
lato, ripercorre la riflessione teologica concomitante che ha accompagnato
questo simbolo (si veda il cap. 4: Dalla croce al crocefisso).
Perché Cristo è morto in Croce?