Robert Cheaib
«Sei ancora splendidamente
moderno, Gesù di Nazareth, e temo che continuerai a esserlo, finché l’umanità
non avrà trovato il modo di raggiungere la fine dei tempi». A fare questa
confessione, non è un chierico, neppure un teologo, non è neanche un credente
“normale”, a dire il vero, non è proprio un credente o, almeno, non si
professava tale. È Giuseppe Berto, un uomo di lettere la cui presenza e opera è
stata un’importante tassello nel mosaico letterario-culturale del ventesimo
secolo.
Pur confessando in una lettera:
«Io non credo in Dio», Berto non era un distratto che non ha saputo cogliere la
pregnanza della figura di Gesù Cristo e la svolta che il Nazareno ha apportato
all’umanità.
La figura di Giuseppe Berto è una
fra le tante figure (in tutto ben ventisette!) che il gesuita Ferdinando
Castelli analizza con uno sguardo sincronico fecondo alle loro biografie e alle
loro opere. Nasce così il volume dal titolo suggestivo: Gesù, insonnia del mondo.
Panoramiche letterarie. Il volume attraversa le opere di questi autori per
vedere la loro cristologia. Non c’è dubbio, alcuni degli autori offrono una
cristologia approssimativa e anche forse eterodossa (vedi ad esempio José
Saramago), ma non si può negare la loro capacità di restituirci un Gesù «vivo,
ricco di umanità e profondo conoscitore delle anime; e ciò in un linguaggio
moderno, accessibile all’odierna mentalità».
I ventisette autori considerati
si suddividono un quattro categorie. La prima è quella della persone che
guardano Gesù sotto un’angolatura negativa. La seconda è quella degli autori
che pur non credendo nella divinità di Gesù, ne sottolineano lo straordinario
carisma come profeta, maestro di morale e religiosità. La terza categoria è quella
degli scrittori che «considerano Gesù una persona capace di sfuggire alla
condizione umana per la profondità del suo pensiero, per la sua elevatezza
morale e religiosa», rivelandosi come «una manifestazione di Dio». La quarta
categoria è quella di chi crede espressamente all’incarnazione del Verbo e alla
divinità dell’uomo Gesù.
Per concludere questa
presentazione, ritorniamo all’affermazione di Berto. Perché Gesù è
irriducibilmente e splendidamente moderno? Le risposte possono essere tante, ma
Castelli ha ragione a farsi interprete del pensiero di Berto: «Gesù è moderno
perché capace di penetrare nell’animo umano e di indicarne le attese e le
speranze più vere e profonde. Pochi come lui – ci ricorda Berto – hanno
affermato la dignità della persona, l’esigenza della giustizia, la necessità di
superare il proprio egoismo per il bene comune».
Senza dubbio, sia per contrasto,
sia per contributo positivo, questi ventisette autori ci obbligano a riguardare
il volto del Nazareno che spesso abbiamo soffocato o almeno sfocato con le
nostre umane addomesticazioni del Divino.
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