Robert Cheaib
Nello studio dell’antropologia teologica (o «cristiana»,
come preferiscono alcuni), il capitolo sulla Creazione è ricco di sorprendenti
contenuti. Esso considera tematiche che sono tutt’altro che marginali:
l’origine del mondo, il rapporto sussistente tra creatura e creatore, la
portata veritativa dei racconti simbolici di Genesi, la questione della
sofferenza, del male e dell’annessa teodicea, il «peccato originale», la
provvidenza, ecc.
Il libro del gesuita tedesco Medard Kehl,Creazione. Uno
sguardo sul mondo riprende tali questioni da una prospettiva dialogica. Considerando
le principali visioni contemporanee su queste tematiche offre un ottimo
riquadro che permette di meglio percepire la génie du christianisme. Visto
nel quadro della bibliografia dell’autore, il libro costituisce una ripresa
divulgativa (non che ciò significhi semplicistica o superficiale) del libro più
consistente e voluminoso «E Dio vide che era cosa buona». Una teologia della
creazione.
La teologia della creazione offerta da Kehl non si chiude
nell’ottuso solipsismo (che è un tradimento della stessa teologia), ma si apre
al dialogo permettendo l’interrogazione della visione teologica, il che produce
di fatto una teologia più attuale e più consistente. La convinzione di fondo è
che non siamo dinanzi all’alternativa tra teologia o scienza, tra «creazione o
evoluzione», in quanto «entrambe le parti, la scienza e la fede, parlano dello
stesso mondo, ma sotto due punti di vista molto diversi ed entrambi i punti di
vista sono importanti per noi uomini».
A partire da tale sguardo rilassato sul contributo delle
varie discipline, Kehl mostra la particolarità dello sguardo sapienziale teso
ben oltre la spiegazione empirica. La sapienza posa sulla creazione uno sguardo
proteso a «comprendere». Ora comprendere è qualcosa «di più e di diverso
rispetto a spiegare» perché «chi vuole comprendere pone domande alle quali le
semplici spiegazioni non sono in grado di rispondere». Il desiderio di
comprendere non può essere soddisfatto dalla mera prospettiva delle scienze
naturali perché la comprensione richiama nel contempo la realtà e il soggetto
interrogante stesso e il rapporto stretto che intercorre tra di loro.
Ebbene, lo sguardo teologico, ovvero, lo sguardo di fede,
non si ferma neppure alla comprensione, ma si apre a una relazione. Oltre allo
spiegare, oltre al comprendere, la fede si apre a un rapporto personale con il
Creatore del mondo. Entrano in gioco così altre sfumature come «lo stupore e la
gratitudine». Lo stupore è l’apertura degli occhi del cuore che percepisce
acutamente una grandezza celata nella sua discrezione, ma sempre presente allo
sguardo che ascolta. Una creazione che richiama alla responsabilità e alla
risposta perché più che oggetto, la creazione è un appello e, come dice qualche
autore spirituale, una lettera d’amore dal Creatore.
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