Robert Cheaib
«Il Verbo si è fatto carne, e i giornalisti di quel tempo
non ne hanno saputo nulla! Eppure la loro esperienza di ogni giorno li avverte
che ci vuole il diavolo per riconoscere le vere grandezze, anche umane, il
genio, l’eroismo, l’amore stesso: il loro povero amore! Talché, novantanove
volte su cento, vanno a portare i loro fiori di retorica al cimitero, non si
arrendono che ai morti».
Quanta verità in queste parole di Georges Bernanos, non solo
sullo stile dei giornalisti – noi giornalisti – di canonizzare (quasi) tutti
dopo la morte. Qual è la dinamica che ci spinge a farlo? A ben guardare non
spinge solo i giornalisti, ma (quasi) tutti. Basta sentire i panegirici dei
morti – così santi, eppure, spesso così sconosciuti alle pietre della parrocchia
– durante i funerali!
Il discorso di Bernanos, però, va oltre. Parla del Verbo,
del Verbo di Dio, commentando (quasi) certamente il Prologo di Gv dove si
afferma: «Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto» (1,11).
Questi commenti scritturistici, questo afflato religioso
profondamente e acutamente cattolico, non è estraneo a Bernanos. Anzi,
conoscendo la sua biografia si scopre che aveva in progetto la scrittura di una
Vita di Gesù. Confessa una volta: «Vorrei parlare di Gesù molto
semplicemente agli uomini che non lo conoscono più, vorrei parlarne dalla
soglia di una chiesa o dietro un pilastro, da povero uomo come gli altri».
Nella lenta elaborazione dell’opera, c’era un commovente
lavorio interno. Da sincero credente Bernanos si chiedeva: «Presso Dio, ho
acquisito il diritto di scriverla?». La risposta non tarderà a venire: non solo
la deve scrivere, ma dovrebbe dedicarvisi esclusivamente: «È duro,
terribilmente duro. Ma ho deciso, non parlerò più che di Gesù Cristo».
Quello che ha deciso Bernanos lo realizzerà davvero, ma non
come aveva progettato. Non molto tempo dopo, sarà già al cospetto di Dio, non
più «sotto il sole di Satana», ma davanti al volto più luminoso del sole di
Cristo, lo possiamo immaginare che sta parlando solo di Gesù, anzi solo a Gesù
e in Gesù.
E l’opera? – poche pagine effettive. Ci restano, però, tutte
quelle parole su Gesù sparse in tutta la ricca opera di Georges Bernanos.
Frammenti che compongo insieme un quadro lucido, coerente, quasi una vita di
Gesù, come ha voluto intitolare la raccolta di questi frammenti Marco
Ballarini. Frammenti che traducono un cuore innamorato di Cristo. Frammenti che
ci invitano a rileggere il Vangelo sempre con occhi nuovi, meravigliati,
innamorati. Concludiamo con un altro brano del suo Diario di un curato di
campagna che denuncia il nostro Cristo metafisico con l’umanità di Gesù di
Nazaret che ci «ha chiamato amici»:
«A starci a sentire, troppo sovente si potrebbe credere che
noi predichiamo il Dio degli spiritualisti, l’Essere supremo, non so bene che
cosa: nulla, in ogni caso, di somigliante a quel Signore che abbiamo imparato a
conoscere come un meraviglioso amico vivente, che si commuove delle nostre
gioie, parteciperà alla nostra agonia, ci riceverà nelle sue braccia, sul suo
cuore».