Dal discorso di Papa Francesco ai docenti e agli studenti della PUG, PIB e PIO
Studio e preghiera

Verità e inveramento biografico
Questa è una delle sfide del nostro tempo: trasmettere il
sapere e offrirne una chiave di comprensione vitale, non un cumulo di
nozioni non collegate tra loro. C’è bisogno di una vera ermeneutica evangelica
per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non di una sintesi ma di una
atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di
fede. La filosofia e la teologia permettono di acquisire le convinzioni che
strutturano e fortificano l’intelligenza e illuminano la volontà… ma tutto
questo è fecondo solo se lo si fa con la mente aperta e in ginocchio.
Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e
concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto,
cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in
sviluppo, secondo quella legge che san Vincenzo di Lerins descrive così:«annis
consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate»(Commonitorium primum,
23: PL 50, 668): si consolida con gli anni, si dilata col tempo, si
approfondisce con l’età. Questo è il teologo che ha la mente aperta. E il
teologo che non prega e che non adora Dio finisce affondato nel più disgustoso
narcisismo. E questa è una malattia ecclesiastica. Fa tanto male il
narcisismo dei teologi, dei pensatori, è disgustoso.
Teologia nella/per la comunità ecclesiale
Il fine degli studi in ogni Università pontificia è ecclesiale.
La ricerca e lo studio vanno integrati con la vita personale e comunitaria,
con l’impegno missionario, con la carità fraterna e la condivisione con i
poveri, con la cura della vita interiore nel rapporto con il Signore. I
vostri Istituti non sono macchine per produrre teologi e filosofi; sono
comunità in cui si cresce, e la crescita avviene nella famiglia.