«Non siate come le lumache», così
esortava Giovanni Paolo II i giovani, non tanto per invitarli a una frenata vita
di corsa, tutt’altro. L’invito del santo Pontefice era quello di non sprecare
la vita passandola senza viverla. Il suo invito, infatti, era il seguente: «Non
siate come le lumache, che lasciano dietro di sé soltanto un po’ di
inconsistente e insignificante bava: basta una pioggierella per cancellare il
passaggio di una lumaca! Non siate così! Non sciupate la vita!».
Francesco d’Assisi rimane una
splendida figura d’uomo che non è stato una minore e insignificante data sul
calendario, ma che ha segnato profondamente la storia della cristianità, anzi,
dell’umanità. Egli è una prova vivente, che riecheggia ancora oggi, del fatto
che il Vangelo non è una mera utopia, o, se lo si vuol chiamare “utopia”, è una
«utopia possibile», come il Cardinal Angelo Comastri intitola il suo libro sul Poverello: Francesco
d’Assisi. L’utopia è possibile, edito dalla San
Paolo.
Come i tanti libri del Comastri, il
volume spicca per un’accattivante spigliatezza narrativa e immediatezza
riflessiva.
L’autore racconta la storia di san Francesco intercalando la sua narrativa con episodi tratti dalle Fonti Francescane e da altre risorse classiche del francescanesimo. Ne risulta una figura completa del Poverello d’Assisi, non ridotta ad alcuna delle sue dimensioni a scapito di altre, ma nella quale spicca il cuore pulsante della chiamata e del carisma di Francesco, quello di essere talmente innamorato e unito a Cristo, da voler vivere il Vangelo sine glossa e da meritare di diventare, per la sua esperienza delle stigmate, un alter Christus (Non come un «altro Cristo»! Niente gli sarebbe dispiaciuto di più, lui che si considerava il più infimo tra gli uomini, ma come un uomo in cui la vita è diventata totale trasparenza a Cristo e si è aperta quindi a una sublime cristificazione).
L’autore racconta la storia di san Francesco intercalando la sua narrativa con episodi tratti dalle Fonti Francescane e da altre risorse classiche del francescanesimo. Ne risulta una figura completa del Poverello d’Assisi, non ridotta ad alcuna delle sue dimensioni a scapito di altre, ma nella quale spicca il cuore pulsante della chiamata e del carisma di Francesco, quello di essere talmente innamorato e unito a Cristo, da voler vivere il Vangelo sine glossa e da meritare di diventare, per la sua esperienza delle stigmate, un alter Christus (Non come un «altro Cristo»! Niente gli sarebbe dispiaciuto di più, lui che si considerava il più infimo tra gli uomini, ma come un uomo in cui la vita è diventata totale trasparenza a Cristo e si è aperta quindi a una sublime cristificazione).
È questo il Francesco che ci sfida, un Francesco che guarda i pozzi dei nostri divertimenti e ci dice – non a parole, ma con l’esempio della sua letizia – che sono pozzi screpolati che non tengono l’acqua della gioia. Aveva ragione Julien Green quando scriveva: «Se volete sapere dove non abita la felicità, frequentate i luoghi di divertimento. Lì troverete qualche briciola di piacere, ma di felicità neppure l’ombra!».
La vita di Francesco, invece, è una
mistagogia che introduce al segreto della Vera Letizia, quella che il mondo non
può dare e non sa custodire, quella che Dio riserva a chi – come Francesco –
non serve più il servo, ma il Padrone… che non ci chiama servi, ma amici… che
ci chiama: «La Sposa».