Il
discernimento non è un’attività tra altre nella vita spirituale, ma è una
prassi fondamentale per mettersi in ascolto del Soggetto per eccellenza dell’avventura
dello Spirito. Essa non è tanto un’operazione circoscritta nel tempo, quanto una
regolare disciplina che orienta e affina il nostro ascolto della voce di Dio.
Il
grande passaggio della vita spirituale è passare dalla sordità, a una vita di
ascolto. A questa dimensione profonda del vissuto spirituale è dedicato il
volume postumo di Henri Nouwen, Il
discernimento. Leggere i segni della vita quotidiana, per i tipi della
Queriniana.
Il libro
costituisce il terzo e ultimo volume della trilogia spirituale postuma di Henri
Nouwen. I precedenti volumi, pubblicati dalla Queriniana sono: La
direzione spirituale. Sapienza per il lungo cammino della fede (2007) e
il secondo La
formazione spirituale. Seguire i movimenti dello Spirito (2012).
Da
quest’opera così ricca vorrei evidenziare tre momenti importanti che
costituiscono colonne costitutive dell’apprendistato del discernimento
Imparare
a vedere
Il
terreno del discernimento è costituito dalla vita stessa. Già Meister Eckhart
raccomandava: «Aspettatevi sempre Dio in ogni cosa». Il discernimenti comincia
con la presa di coscienza che Gesù è lì attento alla nostra vita in tutte le
sue sfumature. È una via che comincia con la preghiera. È lì che si lacera
il velo dell’esistenza apparente e si coglie ciò che i mistici chiamano «la
Realtà Invisibile».
La
contemplazione, infatti, «non guarda tanto alle cose quanto attraverso
esse, fino al loro cuore, fino al centro e attraverso il loro centro per
scoprire tutto il mondo della bellezza spirituale, che è più reale, ha più
massa e densità» (41).
La preghiera
ci insegna a vedere e non solo a guardare. Non a caso i padri greci, grandi
uomini di discernimento, venivano chiamati “dioretici” perché vedevano il
cuore delle questioni (dioráo: vedere dentro, vedere attraverso).
Guardarsi
dall’alto
Questo
ascolto di Dio non è sinonimo di una sottomissione cieca che svuota la vita. La
volontà di Dio è la pienezza della vita e quando cominciamo ad attendere lui, scopriamo
che è lui il primo ad attenderci e a promuoverci verso la nostra pienezza.
Con
quest’ascolto l’uomo ascolta se stesso, ma cambiando prospettiva. Non si guarda
più dal basso, dal limite, dove la prospettiva è falsata, ma comincia guardarsi
dall’alto, con l’occhio di Dio, con la grandezza infinito del desiderio e della
fantasia di Dio.
Quest’arte
di guardare se stessi e gli eventi dall’alto è quanto si percepisce nell’esperienza
dei santi (delle persone sante che incrociamo nell’ordinario della nostra
vita). Sono persone che vivono la contingenza senza soccombervi. Leggono la
storia e le possibilità non a partire da calcoli umani, ma nella prospettiva di
Dio per il quale “nulla è impossibile”.
Fare
spazio a Dio
Il discernimento
è un dono dello Spirito di Dio. È lo Spirito che scruta le profondità del mondo
e il cuore di Dio stesso (1Cor 2,10). Ma i doni di Dio, per fiorire e portare
frutti richiedono la disponibilità umana. Ciò che si richiede all’uomo è allestire
lo spazio favorevole all’ascolto di Dio. Per questo Nouwen ribadisce che «per
una vita fisica, emotiva e spirituale sana dobbiamo strutturare il nostro
tempo» perché «un ritmo di vita in cui i tempi e i luoghi sacri sono
programmati ci dà molto sostegno spirituale e ci porta ad attenderli con ansia
come “momenti di ristoro” per il discernimento» (49).
Dio
opera sempre e a volte ci sorprende anche quando non siamo preparati. Però, per
permettere l’ordinaria opera divina, l’uomo deve creare le condizioni umane. È così
che si dà una “possibilità” a Dio.
Dio
parla!
Nouwen
considera diversi modi con cui Dio parla all’uomo e fa confluire nella
riflessione sia la sua esperienza personale di discernimento, sia la tradizione
della Chiesa e le esperienze dei santi. Egli mostra come Dio parla tramite i
libri (in questo caso offre una lunga rassegna delle letture di Thomas Merton,
il monaco che ha avuto un grande influsso su Nouwen).
Dio
parla anche in un libro molto particolare, quello della natura. In questo
ambito, Nouwen evoca l’affinità di Gesù con il mondo naturale che lo circondava
e afferma che chi vuole seguire Gesù deve «rimanere vicino al suolo» (101). Vi
è una reciprocità tra contemplazione e natura. La prima ci apre gli occhi alla
natura, e quest’ultima ci rende più attenti alla guida divina (103). Egli
arriva ad affermare che la natura è la prima lingua di Dio.
Dio
parla a noi tramite le persone che incontriamo sul nostro cammino. In questa
sede Nouwen parla a lungo delle varie persone che hanno segnato il suo cammino
e che l’hanno portato ad affermare che Dio parla a noi tramite le persone che
ci parlano di lui.
Inoltre,
Dio ci parla tramite gli eventi, quei eventi particolari che costellano la
nostra vita. È la lettura dei «segni dei tempi». Lo spazio della lettura di questi
segni è la mia vita stessa. La mia storia e presenza in questo momento preciso
della storia non è una svista divina, ma è una chiamata e l’autore olandese
invita a cogliere la grazia del momento. Anzi, per dirla con il classico di Jean
Pierre De Caussade a cogliere «il sacramento del momento presente».
Un
ultimo momento che vorrei segnalare dai diversi che Nouwen sottolinea è il
momento “sacramentale”. È interessante che Nouwen para dell’eucaristia, come
luogo di ascolto di Dio a partire dalla pericope dei discepoli di Emmaus mostrando
la convergenza nell’eucaristia dell’amicizia con Cristo e del valore dell’ospitalità.
I due discepoli riconoscono Gesù nell’ospitalità, nel cuore aperto e generoso
aperto a cogliere e ad accogliere il valore profondo dell’amicizia.
Il
discernimento è un momento di attesa, di pazienza, ma non per questo è
passività. È piuttosto «un’attesa attiva in cui viviamo il momento presente per
trovarvi i segni di colui che stiamo aspettando» (224).
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