Come si definiscono grazia e misericordia nella fede cristiana? E che rapporto c'è tra di loro?
*
Cara Valentina,
Valentina
Cara Valentina,
La tua domanda,
nella sua semplicità, tocca l’essenziale. In un maestoso passo dell’Antico
Testamento il Signore utilizza proclama il suo nome al suo passaggio e guarda
caso, utilizza i due termini in questione: «Il Signore, Dio misericordioso
(rahum) e pietoso (hanun), lento all’ira e ricco di amore/grazia
(hesed) e di fedeltà (emet)» (Es 34,8). Cercherò di prende un
filone di risposta che chiarisca i termini rimanendo nei limiti di una risposta
al volo. La via migliore è vedere come si presentano questi due concetti nella
Bibbia.
Si sa che il
linguaggio dell’Antico Testamento è molto evocativo ed esprime, più che
concetti astratti, delle realtà vitali. Per questo, la grazia nell’Antico
Testamento viene espressa attraverso vari termini che a loro volta traducono qualche
sfumatura dell’atteggiamento di Dio nei nostri confronti.
Uno di questi
termini è il verbo hanan, da cui viene il sostantivo hen. Si traduce come tenerezza e si usa
per parlare di Dio che si intenerisce verso l’uomo ed esprime il suo favore nei
suoi confronti. È frequente nell’Antico Testamento l’espressione: "trovare
grazia ai tuoi occhi".
Un altro
termine è hesed e significa bontà, amicizia ed amore. È una benevolenza
che Dio esercita verso l’uomo al di là dei suoi meriti. Esprime la
sovrabbondanza del dono di Dio rispetto ai meriti umani. Nei profeti, specie
Geremia e Osea, l’hesed definisce l'atteggiamento amoroso di Dio verso
le creature e viene addirittura rappresentato con l'immagine dell'amore
matrimoniale (cf. Ger 2,2; Os 2,21). Così anche nei salmi la bontà di Dio è
legata alla sua fedeltà ed affidabilità.
Forse a partire
da questo concetto possiamo capire una delle sfumature della grazia nel Nuovo
Testamento. Grazia – in greco Kharis – esprime il contrario di ciò che è
dovuto, quindi traduce la sovrabbondanza del dono di Dio che è espresso
carnalmente e permanentemente in Gesù Cristo. La grazia in san Paolo è proprio
ciò che l'uomo non può mai meritare e che Dio dona contro ogni aspettativa.
Per cui,
riassumendo, notiamo che il concetto di grazia non è riducibile all’ex-voto di
una “grazia ricevuta”. Non è tanto un dono di Dio, quando il dono che Dio fa di
se stesso. D’altronde, è questa la natura profonda dell’amore: «donare tutto e
donare se stessi» (santa Teresina). Non è semplicistico, anzi è profondamente
biblico affermare che la grazia per eccellenza è Dio stesso che si dona.
Come si collega
questa “grazia” alla misericordia? – Anche qui la terminologia biblica ci viene
in aiuto. Per parlare di misericordia, l’Antico Testamento utilizza il termine rehem
(abbiamo visto nel testo citato all’inizio che Dio è rahum,
misericordioso). Il termine rehem (rahamim al plurale) significa niente
meno che il grembo materno, le viscere materne, quelle che custodiscono la vita
e che si commuovono per essa. È stupendo notare come, seppure l’Antico
Testamento – così attenta alla trascendenza di Dio in contrasto alle divinità
circostanti, tanto da proibire ogni scultura e raffigurazione – ha trovato
nella commozione delle viscere materne l’espressione più prossima per parlare
della misericordia di Dio.
Come puoi
vedere grazia e misericordia sono strettamente collegate e sono entrambe
espressione della cura paterna/materna che Dio ha nei nostri confronti. Un
ultimo punto da mettere in risalto è che Gesù Cristo costituisce la
personificazione di questa grazia e di questo amore viscerale che Dio porta
verso l’umanità (cf. Gv 3,16; Tt 2,11).