«La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone
della messe che mandi operai nella sua messe!». Nel salvare il mondo, Dio
affida a noi il compito di essere il desiderio di salvezza in questa terra. Il Vangelo,
la Buona Novella, non è solo il bel annuncio del “Dio che salva” (questo è il
significato del nome di Gesù), ma anche l’annuncio della nostra responsabilità
(abilità a rispondere): noi siamo «collaboratori di Dio». Collaboriamo con la
nostra opera, con la nostra preghiera, con il nostro desiderio che il Regno venga.
A proposito di Regno di Dio in fieri, la seconda parte del Vangelo,
del mandato taumaturgico per così dire, ci provoca non poco imbarazzo. Questi
segni che riempiono i Vangeli ne vediamo così pochi ai nostri giorni, che in
genere tendiamo a interpretarli soltanto in chiave spirituale. Tre punti
vanni chiariti:
1- nel Vangelo i miracoli non sono solo figure, sono realtà, realtà che la
storia della Chiesa e la nostra storia testimoniano tuttora. Sì, ci sono
tuttora miracoli…
2- Gesù da taumaturgo esercitava quel ministero con un certo pudore e
riserbo (“Badate che nessuno lo sappia”, diceva nel Vangelo di ieri ai ciechi
guariti), proprio per non passare per maga ciccia e venire ulteriormente
travisato nella sua missione, ovvero venire considerato come annunciatore di un
paradiso terrestre costruito su un guru che guarisce le malattie, fa chirurgia
plastica senza bisturi, e moltiplica il cibo vegano ipocalorico.
3- Il terzo punto lo prendo da un donna – Francesca Perillo – che tramite
il cancro non è “morta, ma è entrata nella vita”. Quando si pregava per il
miracolo della guarigione diceva: «Se non accadrà il miracolo della guarigione,
ce ne sarà uno ancora più grande». Non oserei annunciarlo, se non fossi(mo)
testimoni della Vita che vince la morte, in tanti testimoni eloquenti nel loro
silenzio, grandi nella loro umiltà, nella cui debolezza risplende la potenza di
Dio, e nella cui morte – quella morte che prima o poi attraverseremo –
risplende la Vita, Cristo, nostra Vita.