L'incarnazione di Dio e la divinizzazione dell'uomo
«Sia lodate Colui che manifestò la Sua umanità / Come sacramento della sua divinità folgorante // E poi apparse nel Suo creato / nell'immagine di chi mangia e beve // In modo che il Suo creato l’ha potuto vedere / come se dritto negli occhi Lo guardasse». Questi versi, belli in sé, acquisiscono una particolare importanza data l’identità di chi li ha pronunciati. Non è sant’Efrem il Siro, ma è Mansur Al-Hallaj, un mistico musulmano.
Non sono gli unici versi del mistico che fanno
riferimento a Gesù come a Dio, e ci fanno pensare a quei «semina Verbi» di cui
parla san Giustino. I semi del Verbo presenti in ogni cultura. È difficile
cogliere il senso di questi versi enigmatici, ma non è senza fondamento
affermare che la coscienza mistica di Al-Hallaj ha sicuramente intuito, nei
limiti del possibile, che se Dio è amore (ّحُب Hobb in arabo), Dio non può
che farsi uno con l’amato (حَبِيب habib), con l’umanità. L’amore è una forza
unitiva: non è solo un’affermazione teologico-filosofica di Dionigi pseudo-Areopagita;
è una coscienza primordiale di ogni creatura che sperimenta un barlume della
luce dell’Amore.
È interessante che Al-Hallaj utilizzi un
termine molto significativo nella fede cristiana, si tratta della parola sacramento
( سِرّ sirr). Semplificando, la teologia insegna che «il sacramento è quella
realtà che fa ciò che dice/significa». L’umanità di Cristo è il Sacramento dei
sacramenti, il Sacramento primordiale Ursakrament (E. Schillebeeckx). Gesù è «il sacramento
dell’incontro con Dio», è segno, strumento, presenza reale, manifestazione,
compimento e promessa del Regno di Dio. Gesù è l’autobasileia, il Regno
in persona. È l’avvento e l’avvenimento dell’Eschaton. Cristo è il senso
dell’uomo e il futuro dell’uomo, ma è anche la manifestazione di Dio e la sua
presenza.
Nella prima puntata di questameditazione, abbiamo parlato dell’Incarnazione di Dio e dell’umanizzazione
dell’uomo. In questa parte facciamo un salto e un progresso necessario: l’Incarnazione
è in vista della divinizzazione. In che senso?
Nel senso che la fede cristiana non termina nell’essere bravi uomini e donne. Sarebbe troppo poco. Essere bravi mortali non basta al cuore dell’uomo. L’uomo aspira all’infinito di Dio. San Basilio utilizza parole forti per esprimere questa idea: «L’uomo è un animale che ha ricevuto la chiamata ad essere Dio». Siamo stati creati per essere resi «partecipi della natura divina».
Nel senso che la fede cristiana non termina nell’essere bravi uomini e donne. Sarebbe troppo poco. Essere bravi mortali non basta al cuore dell’uomo. L’uomo aspira all’infinito di Dio. San Basilio utilizza parole forti per esprimere questa idea: «L’uomo è un animale che ha ricevuto la chiamata ad essere Dio». Siamo stati creati per essere resi «partecipi della natura divina».
La
creazione per le nozze
Forse si può chiarire
facilmente quanto enunciato con un monito che madre Teresa soleva dire alle
Missionarie della Carità: «Non siamo assistenti sociali, siamo spose di
Cristo». L’opera d’amore gratuito fatto dalle sorelle è qualificata da un
distintivo ben preciso: l’amore per/di Cristo. La puntualizzazione di madre
Teresa entra in una lettura nuziale dell’economia della salvezza di cui
sant’Efrem è stato un grande maestro.
Per Efrem, Dio crea
per unirsi all’umanità. Dio non avrebbe dato l’esistenza se non fosse stato
capace di donare se stesso. In questo senso l’Incarnazione è il presupposto
della creazione. Dio crea l’umanità per sposarla. L’Arpa dello Spirito Santo la
mette così: «Nel giardino era pronta / una bella stanza nuziale». Il
dilemma del rifiuto causato dal serpente, non fa desistere lo Sposo celeste, e
il santo diacono di Nisibi rilegge tutta la storia della salvezza in chiave
nuziale. Il desiderio di tutta l’umanità è in verità desiderio dell’Unigenito
di Dio. Così, ad esempio, Tamar non attende da Giuda un figlio qualsiasi, ma il
Cristo nascosto in lui:«Poiché il Re era celato in Giuda / Lo rubò Tamar dai
suoi fianchi ».
Come la creazione,
così anche l’alleanza del Sinai è un patto nuziale, una casta festa di nozze: «Una
casta festa di nozze ha avuto luogo nel deserto, / con la camera nuziale posta
sul monte Sinai. / Il Signore è disceso e ha preso in fidanzamento / La figlia
di Abramo, suo amato amico».
L’incarnazione di
Gesù è l’espressione profonda dell’amore folle di Dio che per amore si unisce
all’umanità: «Il primo-nato [Ihidoyo] si avvolse in un corpo / Come un velo per
nascondere la sua gloria. / Lo Sposo immortale brilla nella sua veste».
Efrem intuisce già ciò che sarà detto nel Concilio Vaticano II: «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo» (GS 22). Quest’unione sarà l’inizio delle nozze che si compiranno sulla croce. Ma perché Dio si è fatto uomo? Esploriamo nel secondo punto la risposta dei Padri.
Efrem intuisce già ciò che sarà detto nel Concilio Vaticano II: «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo» (GS 22). Quest’unione sarà l’inizio delle nozze che si compiranno sulla croce. Ma perché Dio si è fatto uomo? Esploriamo nel secondo punto la risposta dei Padri.
Ammirevole scambio
«Dio si è fatto uomo
affinché l’uomo diventasse Dio». È la convinzione di tanti Padri, come
sant’Ireneo, sant’Atanasio, solo per fare qualche nome. I Padri orientali
considerano la necessità dell’incarnazione non sotto il registro della
necessità, ma nell’ottica della natura dell’agire di Dio.
Dio non salva delegando (sia anche a una sua opera), ma assumendo. Da qui la lapidaria espressione di san Gregorio di Nazianzo: «Ciò che non è stato assunto, non è stato salvato». Detto in termini affermativi: Dio salva solo ciò che assume. Proprio come un fuoco che trasforma le realtà toccandole, compenetrandole, così la salvezza – che non è altro che vivere della vita stessa del Dio-Trino-Amore – si raggiunge e si vive non come un’impresa umana, ma come accoglienza dell’invasione dell’Amore folle di Dio, che in Cristo ci ha amati e ha consegnato se stesso per noi e a noi.
Nell’incarnazione abbiamo anche la piena partecipazione alla divinità. Dato che l’uomo non poteva unirsi a Dio salendo verso Dio, Dio discese verso l’uomo, discese nell’uomo, Dio divenne uomo. Scrive san Tommaso d’Aquino: «Quanto alla piena partecipazione alla divinità che è la vera beatitudine dell’uomo e il fine della sua vita, tale partecipazione ci viene conferita per l’umanità di Cristo».
Dio non salva delegando (sia anche a una sua opera), ma assumendo. Da qui la lapidaria espressione di san Gregorio di Nazianzo: «Ciò che non è stato assunto, non è stato salvato». Detto in termini affermativi: Dio salva solo ciò che assume. Proprio come un fuoco che trasforma le realtà toccandole, compenetrandole, così la salvezza – che non è altro che vivere della vita stessa del Dio-Trino-Amore – si raggiunge e si vive non come un’impresa umana, ma come accoglienza dell’invasione dell’Amore folle di Dio, che in Cristo ci ha amati e ha consegnato se stesso per noi e a noi.
Nell’incarnazione abbiamo anche la piena partecipazione alla divinità. Dato che l’uomo non poteva unirsi a Dio salendo verso Dio, Dio discese verso l’uomo, discese nell’uomo, Dio divenne uomo. Scrive san Tommaso d’Aquino: «Quanto alla piena partecipazione alla divinità che è la vera beatitudine dell’uomo e il fine della sua vita, tale partecipazione ci viene conferita per l’umanità di Cristo».
La via della divinizzazione
Ma come avviene concretamente la divinizzazione
dell’uomo? Entrare nella gloria del Cristo incarnato, essere divinizzati
avviene tramite la dimora in Dio e per questa vi è un’unica via: quella
dell’osservare e del vivere il nuovo comandamento che perfeziona l’antico. Qual
è l’antico comandamento che riassume tutta la legge? Mi piace dirlo partendo da
un simpatico ma edificante racconto ebraico:
«Una volta un pagano andò da Shammai e gli
disse: “Mi converto all’ebraismo a condi-zione che tu mi insegni tutta la Torah
mentre io sto su un piede solo”. Con un bastone in mano Shammai lo scacciò
subito. Il pagano andò da Hillel e di nuovo espresse il suo desiderio: “Mi
converto all’ebraismo a condizione che tu mi insegni tutta la Torah mentre sto
su un piede solo”. Hillel lo accolse nell’ebraismo e lo istruì in questo modo:
“Quello che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri. Questa è la Torah,
il resto è commento. Va’ e studia!”».
Questo stesso comando è riassunto in modo
affermativo da Gesù: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi fatelo
a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12; cf. Lc 6,31). Ma Gesù
darà una misura ancora più eccedente di questo comando. Non più il naturale
amore proprio, ma il soprannaturale amore suo: «Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi
gli uni gli altri» (Gv 13,34).
Vivere la realtà del Natale è cogliere,
accogliere e vivere secondo l’immagine del Verbo incarnato: l’immagine
dell’«amore folle» (Eros manikon) eloquentemente espresso nella carne di
Cristo. Solo così possiamo avere una vera intelligenza dell’autodonazione di
Dio perché solo «chi vive nell’amore vive in Dio e Dio vive in lui».
*
Le due meditazioni proposte per il Natale si ispirano largamente al libro: Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana
*
Le due meditazioni proposte per il Natale si ispirano largamente al libro: Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana