Comunemente, l’Epifania in Occidente tende a
significare la manifestazione di Gesù ai pagani, rappresentati dai re magi, significando
la destinazione universale del messaggio della salvezza. In Oriente,
l’Epifania, in senso forte, si riferisce al battesimo di Cristo. Il battesimo è
il momento della manifestazione di Gesù che inizia la sua vita pubblica, ma è
soprattutto la manifestazione della Trinità: il Padre con la voce, il Figlio
con la preghiera nell’acqua e lo Spirito con la colomba che testimonia il
Figlio. Lo Spirito, che al momento della creazione alleggiava sulle acque, nel
battesimo di Cristo discende ed è un momento di ri-creazione[1].
La domanda che si pone riguardo al battesimo di Gesù nel Giordano è: Perché Cristo che è senza peccato ha ricevuto il battesimo di Giovanni che era “un battesimo di conversione per il perdono
dei peccati” (Mc 1,4; Lc 3,3)?
Secondo lo studioso Robert Murray, nel
battesimo presso le chiese di tradizione siriaca si usava il rito
d’incoronazione nuziale, perché era ferma convinzione che proprio lì iniziassero
le nozze di ogni anima con Cristo. E la realtà della Chiesa sposa si connette
intimamente con le nozze di ogni membro della Chiesa con Cristo nel battesimo.
Leggendo
il battesimo in chiave nuziale possiamo dire che lo Sposo che ha assunto il corpo
della Sposa nell’Incarnazione viene adesso a iniziare le nozze. Nel Nuovo Testamento, l’evento del battesimo è imbevuto di motivi nuziali,
comprensibili per chi non si butta immediatamente nella lettura moralizzante e pseudo-spirituale
del testo. Quando Giovanni dice: «Dopo di me viene uno, al quale io non son degno di
sciogliere il legaccio dei sandali»[2], non fa
un’affermazione di umiltà, ma esprime una realtà molto più profonda che Origene
e Ambrogio avevano già intuito. Il termine «degno» traduce il greco icanòs che
è un termine giuridico. Giovanni si riferisce alla cosiddetta «legge del
levirato»[3], e
confessa che egli non ha diritto di precedenza rispetto a Cristo nei confronti
della Sposa, la Chiesa[4].
Giovanni è l’amico dello Sposo, il «Paraninfo»,
che viene prima non perché ha la precedenza, ma per adornare e preparare la
Sposa allo Sposo. Dice il Battista: «Dopo di me viene un uomo che mi è
passato davanti perché era prima di me»[5]. Nel testo greco «Aner»
si riferisce a un uomo maschio pronto legalmente per essere sposato. In un modo
più esplicito, Giovanni afferma più tardi: «Chi possiede la sposa è lo sposo;
ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce
dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta»[6].
Sant’Efrem il Siro offre una meravigliosa
lettura nuziale del battesimo di Cristo. Per entrare nel vivo della sua
riflessione (che verrà esposta nella seconda parte di questa riflessione), parto da un versetto del
vangelo di Luca: «Dopo che tutto il popolo fu battezzato, anche Gesù
venne a farsi battezzare»[7]. Questo
versetto che può passare inosservato, riveste un significato teologico molto
importante. L’evento del battesimo che costituiva anche un elemento di
imbarazzo interpretativo per la comunità primitiva – perché Cristo che è senza
peccato venne battezzato da un battesimo inteso per la conversione e la
penitenza[8]? – ,
riceve una corretta ermeneutica se il battesimo di Cristo viene letto nella
retta chiave nuziale. Cristo non entra nell’acqua perché ha bisogno del
battesimo per sé, ma perché noi abbiamo bisogno del suo ingresso nelle acque per
essere santificati e uniti a lui. L’acqua, simbolicamente, è l’ambito dove la
vita nasce ed è custodita. È un ventre di nascita, e nel battesimo diventa il
grembo della rinascita[9].
[1] Cf. I. De Francesco, «Introduzione», in Efrem il Siro, Inni sulla natività e
sull’epifania, Milano 2003, 21; Lemarié,
«Epiphanie», Dictionnaire de Spiritualité IV,867-876; J. Daniélou, «Les origines de l’Epiphanie
et les testimonia», Recherches de science religieuse 52 (1964) 553. Gli studiosi della tradizione siriaca, affermano che l’Epifania del Signore tende a dilatarsi assumendo in sé tre misteri (tria miracula), connessi rispettivamente all’adorazione dei magi, al battesimo nel Giordano e alla trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana. È un arco che collega tre segni importanti: il compimento dell’anelito delle nazioni (i magi); la rivelazione dello Sposo (il battesimo); e l’anticipazione (le nozze di Cana) nel simbolo del «Segno» nuziale che si avverrà nella croce.
[2] Gv 1,27; Mc 1,7;
Lc 3,16.
[3] La legge del
levirato (dal latino levir, cognato) stabiliva che la vedova di un uomo
morto senza lasciare figli doveva essere sposata dal parente più vicino di
costui; perché il defunto avesse una discendenza. Infatti, il primo maschio che
ne sarebbe nato, sarebbe stato considerato, dal punto di vista legale, figlio
del morto, ne avrebbe ereditato i beni e perpetuato il nome. La legge aveva due
obiettivi: la conservazione di una famiglia in Israele; la tutela della vita
dignitosa della donna-vedova. Si legge nel libro del Deuteronomio: «Quando i
fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la
moglie del defunto non si mariterà fuori, con un forestiero, il suo cognato
viene da lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere
di cognato; il primogenito che essa metterà al mondo, andrà sotto il nome del
fratello morto perché il nome di questo non si estingua in Israele. Ma se
quell’uomo non ha piacere di prendere la cognata, essa salirà alla porta degli
anziani e dirà: Mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del
fratello; non acconsente a compiere verso di me il dovere del cognato. Allora
gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno; se egli persiste e
dice: Non ho il piacere di prenderla, allora sua cognata gli si avvicinerà in
presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede ,gli sputerà in
faccia e prendendo la parola dirà :Così sarà fatto all’uomo che non vuole
ricostruire la famiglia del fratello. La famiglia di lui sarà chiamata in
Israele la famiglia dello scalzato» (25,5-10). Altri riferimenti biblici li
troviamo in Gn 38,8 e nel libro di Rut.
[4] Cf. L. Alonso Schökel,
I nomi dell’amore. Simboli matrimoniali nella Bibbia,
Casale Monferrato 19983, 111-122; G. Mazzanti,
«Il sacerdozio di Cristo sposo», in M. Marcheselli
– E. Castellucci – et al., Cristo
sommo sacerdote dei beni futuri, Cuneo 2001, 54-55.
[5] Gv 1,30.
[7] Lc 3,21.
[8] Cf. Mc 1, 4; Lc 3,3.
[9] Cf. Gv 3.