In
quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono
da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e
per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.
Costituì
dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio
di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di
Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo,
Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota,
il quale poi lo tradì.
Eb
8,6-13 Sal 84 Mc 3,13-19
Scorrendo
i nomi degli apostoli passano davanti agli occhi volti, biografie, fallimenti e
risurrezioni, meschinità ed eroismi… E rimane indelebile quello sguardo del
Nazareno che contorna e custodisce quei cammini con l’unica fedeltà senza
contrasti. In quei chiamati non c’è niente di soggettivo che meriti davvero che
siano essi gli inviati di Gesù. C’è solo uno sguardo e una volontà quella di
Gesù che vuole, vuole bene e fa fiorire il bene. A Gesù, l’Amen del Padre, l’Amore
del Padre, l’unica risposta intelligente è il «fiat». Scegliere l’ultimo posto
è segno di umiltà. Rifiutare di venire avanti è segno di superbia. Quando lo
Sposo chiama, non bisogna guardare la propria degnità. Gesù non sceglie chi è
degno. Gesù rende degno coloro che sceglie.