Dove stanno i solidali della libertà di espressione? Dove
stanno i difensori delle donne, dei minori, dei diritti ecc.?
Vi dico dove sono: negli studi di La7 a fare scenografie
anacronistiche contro il papa-re (ridicole!). Davanti a san Pietro con la croce sulle chiappe
sapendo che come cristiani non le sfioreremmo neanche con un fiore. Stanno lì a rubare la statua del bambino Gesù (complimenti per il programma politico!). Sono sui
social ad aggredire chi ha un’identità diversa da loro. Sono lì a sputare contro
le sentinelle in piedi…
Vedo con grande dispiacere che la solidarietà funziona solo
quando crea un trend “social” di anarchismo senza programma e senza volto, un
ritorno al caos primordiale.
Pochi invece sono i solidali quando si tratta di «figli
senza matita di un dio minore» come scrisse qualcuno. Parlare ed esprimere
solidarietà con “our girls” che ormai sono schiave del sesso di quei mostri di
Boko Haram non fa trend. Con loro non viene messa in risalto la raffinata
decadenza di un partitismo che ormai crede che può cambiare il mondo con un “like”
e con un hashtag.
In meno di una settimana il fondamentalismo ha fatto una
strage di più di 2000 persone in Nigeria. Ci sono stati due attentati nel nord
est del Libano. Sono morti diversi bambini a causa del gelo nei campi profughi (sì
anche in Libano nevica e per tanti mesi!). Dov’è la solidarietà?
Per alcuni il libanese è solo quella cose che li fa vivere l’illusorio
sballo di una libertà di pensiero. Il Libano è una terra, è un popolo, sono
vite come altre… anzi il Libano è, come ha intuito Giovanni Paolo II, «più di
una nazione è un messaggio». È l’ultimo baluardo di democrazia nel Medio
Oriente. È l’ultima roccaforte del cristianesimo libero e “costituzionale” nel
Sol Levante…
La complicità nella diffusione del male può avere tante
forme: può essere l’approvazione del male gratuito e verbale che uccide e crea inimicizie…
ma può essere semplicemente un silenzio complice. «La sola cosa necessaria
perché il male trionfi è che gli uomini buoni non facciano niente» (Edmund
Burke).
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