In
quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti
a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva
loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il
signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi
mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e
non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In
qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un
figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su
di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché
chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando
entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto,
guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di
Dio”».
2Tm
1,1-8 Sal 95 Lc 10,1-9
«La
messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della
messe, perché mandi operai nella sua messe!». È immenso il mistero della nostra
collaborazione con l’opera di Dio. Tante volte vogliamo che il Signore tratti
il mondo come un teatro di marionette dove la sua opera avviene nostro malgrado.
Lui si ostina a trattarci come corresponsabili della “nuova creazione”, del
germogliare del Regno di Dio. Nel silenzio della preghiera accogliamo nel
grembo della nostra vita il seme della Parola e generiamo i figli di Dio, gli
operai della messe. L’ha capito Teresina. L’hanno capito i santi che hanno abbracciato
il ministero dell’intercessione. La maternità di Maria è l’icona carnale di ciò
che tutti dobbiamo fare: generare i figli di Dio. Non stupisce che Paolo chiami
Timoteo “carissimo figlio” e Tito “mio vero figlio” e si rivolga ai Galati così:
«figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato
Cristo in voi!». Che la Parola ravvivi il dono di Dio che è in ognuno di noi.