In
quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una
mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per
accusarlo.
Egli
disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!».
Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male,
salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno
con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo:
«Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E
i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui
per farlo morire.
Eb
7,1-3.15-17 Sal 109 Mc 3,1-6
La
manifestazione più sublime della divinità di Gesù è la sua umanità. Un’umanità
che scandalizzava e urtava i paladini della religione di allora, tanto da
diventare una delle cause per cui tennero consiglio per farlo uccidere. Nel
Vangelo apparentemente c’è un uomo dalla mano inaridita, ma in realtà c’è una folla
dalla mano inaridita perché incapace di tendere una mano di misericordia verso un
essere umano in bisogno. Anzi, peggio, abbiamo dinanzi dei cuori inariditi, cuori induriti che rattristano Dio. Un cuore indurito non può osservare il sabato perché la
cattiveria lo tiene in cattività. È schiavo del proprio male. In questo Vangelo
Gesù guarisce quell’uomo, ma non guarisce la sclerocardia (la durezza di cuore)
degli accusatori perché la guarigione avviene per una risonanza accolta. Sono
due destini e il Vangelo ci invita a schierarci.