In
quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli,
mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I
farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non
è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide
quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo
sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che
non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E
diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!
Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Eb
6,10-20 Sal 110 Mc 2,23-28
La
rivoluzione copernicana della figliolanza avviene quando si scopre che le norme
messe dai suoi genitori non erano arbitrarie, ma mirate a e-ducarlo, a tirare
fuori il meglio che è in noi. Finché il figlio non coglie l’amore dietro alla
regola, fraintende l’amore dei genitori e rischia di costruire barricate
artificiali che lo separano da chi lo ama. La fede passa per una logica simile.
Facciamo fatica ad affidarci al Signore, a cogliere il senso dei suoi comandi
perché li travisiamo. Peggio ancora, con il nostro formalismo ci attacchiamo spesso
alla forma e trascuriamo l’essenza. Un esempio eclatante ci viene dato dal
Vangelo di oggi: il sabato. Esso è stato istituito per liberare l’uomo, ed ecco
come l’uomo di questa libertà fa un giogo per sé e per gli altri. Gesù è venuto
a restituire al comandamento la sua intenzionalità fondamentale: quella di liberare
l’uomo e di renderlo felice, quale manifestazione dell’amore di Dio verso l’uomo
perché egli ha cura di noi (cf. 1Pt 5,7).