In
quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero:
«Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non
digiunano?».
E
Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo
sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora
digiuneranno».
Is
58,1-9 Sal 50 Mt 9,14-15
Le
letture di oggi sono una lezione sul vero senso del digiuno gradito al Signore.
Ciò che l’Amato gradisce non è l’umiliazione, ma l’umiltà; non l’ostentazione,
ma la contrizione. Il digiuno senza condivisione è risparmio o dieta. Il
digiuno deve aprire gli occhi a chi ha bisogno, ad amarlo per se stesso,
facendogli percepire un raggio dell’amore stesso di Dio. Ma la coronazione del
senso del digiuno lo troviamo nel passo del vangelo. Noi digiuniamo perché non
siamo ancora in piena e perenne unione con lo Sposo che è già in mezzo a
noi. Il digiuno fa eco di quel grido dell’anima che ha fame del vero Pane dell’Amato.
Il digiuno è voce e spazio per percepire corporalmente quanto ci manca Gesù. «L'anima
mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?»