In
quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava
loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio
nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di
calzare sandali e di non portare due tuniche.
E
diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete
partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero,
andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per
loro».
Ed
essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti
demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Eb
12,18-19.21-24 Sal 47 Mc 6,7-13
Due
tratti distintivi caratterizzano chi è chiamato ad annunciare il Vangelo: la
comunione fraterna e l’affidamento alla Provvidenza. Della prima, la comunione
fraterna, Gesù dirà che è motivo di fede. Pregando per i suoi discepoli, chiederà
al Padre chi i suoi «siano uno, affinché il mondo creda» (Gv 17). Il nucleo
della questione è questo: Noi siamo chiamati ad annunciare l’amore di Dio che
si traduce anche in amore tra di noi. Ora la prima verifica della nostra
testimonianza non è l’eloquenza della nostra parola, ma lo splendore della
nostra vita. La prova empirica della Bellezza che annunciamo è il nostro
affidamento. Questo si manifesta nel distacco dal superfluo per abbracciare l’Essenziale
e nella concordia tra di noi che esprime una dimensione divina: la comunione d’amore
del Dio uni-trino.