In
quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti
da Gerusalemme.
Avendo
visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non
lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati
accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando
dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte
altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti
di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi
discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono
cibo con mani impure?».
Ed
egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo
popolo mi onora con le labbra,
ma
il suo cuore è lontano da me.
Invano
mi rendono culto,
insegnando
dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando
il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E
diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per
osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua
madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece
dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è
korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre
o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete
tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
Gen
1,20-2,4 Sal 8 Mc 7,1-13
Uno dei padri contemporanei dell’ateismo sostiene
che «la religione avvelena ogni cosa». In realtà, il Vangelo di oggi ci mostra
due tipi di religione: una fatta di pratiche vuote che vanno a sostituire l’essenziale;
e un’altra, quella proposta da Gesù, che riporta ogni cosa all’Essenziale. La
religione, intesa come autenticità, superamento dell’alienazione, attenzione
alla terra unita alla protensione verso il Cielo non avvelena ogni cosa, ma
riordina la creazione secondo il disegno originario di Dio. Padre Varillon
insegna che «servire Dio significa diventare simili a Lui», cosa implica questo?
Implica che le nostre prassi religiose non ci devono incatenare, ma devono
liberare il nostro potenziale d’amore. Dio è l’Amore donato totalmente: più
diventiamo amore donato, più realizziamo la nostra «somiglianza» a Dio. Questo
è il vero compito, il vero comandamento radicato nel nostro essere creati a «immagine»
di Lui.