In
quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto
il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano
stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella
che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è
costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di
Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro
motivo di scandalo.
Ma
Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i
suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo
impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro
incredulità.
Gesù
percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Eb
12,4-7.11-15 Sal 102 Mc 6,1-6
È
inquietante sapere come i parenti e i compaesani di Gesù siano stati scandalizzati
dalla sua sapienza e dalla sua persona. I nostri pregiudizi alterano il nostro
giudizio e le nostre previsioni offuscano la nostra vista. Per questo dobbiamo
sempre pregare e operare affinché possiamo avere un cuore limpido, fresco e attento,
perché «è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio». Anche noi siamo
«compaesani» di Gesù. Egli si manifesta a noi in mille modi e in mille volti,
av-volti dalla «familiarità» e dall’ordinarietà. Non di rado si applicano a noi
le parole del sufi Al-Hallāj: «E qual è mai una terra così priva di Te / che Ti
si debba cercare nei cieli / fissandoti guardano Te / ma non ti scorgono,
perché sono ciechi». L’anima mia grida: Signore apri il mio cuore a cogliere la
tua evidenza, guarisci le mie orecchie per sentire la tua voce familiare,
guarisci i miei occhi per vederti in tutto e vedere tutto in te, guarisci le
mie piaghe per percepirti nelle pieghe della mia umanità.