Ciao Robert,
ho difficoltà con queste due parti di Vangelo: «Pregando,
non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di
parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose
avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» e Luca 18,1: «Diceva loro una
parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» e quindi la
parabola della vedova e del giudice disonesto.
non sono in contraddizione tra loro?
*
La tua obiezione è la prima cosa che forse viene in mente
quando si legge quel testo di Mt 6. Tra l’altro, quelle parole di Gesù costituiscono
un’importante premessa alla preghiera del «Padre nostro». Da un lato, Gesù ci
avverte di “non sprecare parole”, dall’altro ci invita a pregare sempre, senza
stancarci mai.
Risponderò facendo un quadro di contrasti per mostrare che questi
due inviti non solo non sono in contraddizione, ma sono soprattutto complementari.
C’è da sapere che Gesù sfidava l'intelligenza del suo
uditorio. Sfidava perché si fidava e perché, amando, desiderava che i suoi
ascoltatori crescessero verso una relazione più matura e più autentica con il
Padre. Per questo motivo, non risparmiava loro le provocazioni e le sottili sfumature
che richiedono meditazione e corretta comprensione.
Come ogni discorso, questi versetti vanno contestualizzati.
Ogni testo si comprende, infatti, nel suo con-testo. Chiamiamo il primo
discorso tratto da Matteo “A” e il secondo, tratto da Luca, “B”.
In A, Gesù denuncia un’insistenza che nasce dalla
superstizione, dall’incredulità. In B, Gesù elogia una preghiera che nasce
dalla fede e che dimora nella fiducia.
In A, abbiamo persone che pregano avendo in mente l’immagine
di un dio che va stordito per esaudirci. In B, abbiamo l’invito ad essere
credenti che si fidano del Padre che più di ogni altro padre dà ai suoi figli
le cose buone a loro tempo.
In A, l’insistenza nasce dal ripiegamento sul proprio
bisogno, sul proprio ombelico. In B, l’insistenza nasce dalla perseveranza dell’amore
filiale che spera contro ogni apparenza, che sente la Presenza anche nell’apparente
assenza.
In A c’è solo “io”, in B c’è “Dio”.
In A, si denuncia la preghiera parolaia. In B, si elogia la
preghiera fatta di relazione, di continuo immergersi in Dio. È preghiera di
desiderio: «venga il Tuo Regno». Agostino ci insegna: «se desideri sempre,
preghi sempre».
Dal contesto di A, capiamo che Gesù voleva invitare chi
prega a riconoscere Dio come Padre e a trattarlo come Padre. In B, capiamo che
Gesù voleva insistere sulla necessità della perseverante fede che si incarna in
una perseverante relazione con il Padre, anche dall’alto di una croce di
abbandono. Si chiede, infatti, alla fine: «Il Figlio dell'uomo, quando verrà,
troverà la fede sulla terra?».
In A si «sprecano» le parole. In B si dimora nelle proprie
parole, come preludio di dimora nella Parola, in Dio. San Gregorio Magno
ironizzava così: “come pretendi di venire ascoltato da Dio, se tu non ascolti
te stesso?».
Un ultimo contrasto: In A si insiste pensando di poter
convincere Dio. In B si insiste perché si è convinti che Dio risponde a suo
tempo.
In entrambi i con-testi Gesù vuole portare l’orante a un’unica
conclusione: sapere che pregando ci rivolgiamo a “nostro Padre”. In A, lo dice
insegnandoci a chiamarlo “Padre nostro”. Un fatto a noi molto familiare, ma che
era una rivoluzione ai tempi di Gesù. In B, attraverso una reductio ad absurdum,
parte da un’immagine lontanissima, quello di un giudice disonesto, per mostrare
quanto è più “logico” che nostro Padre ci ascolti. Come per dirci: se un
giudice disonesto ascolta per snervamento, potete dubitare minimamente che il
Padre, “l’unico buono”, si dimentichi di voi?
Non contraddizione allora, ma complementarietà. Ci viene
insegnato che il cuore della preghiera non è la chiacchiera, ma il dialogo; non
la lista della spesa, ma la relazione; non un genio della lampada, ma un Padre
(che dice anche di no per il nostro bene); non un traguardo umano, ma uno sguardo divino (sia
santificato il Tuo nome); non la mia, ma la Tua volontà. Perché «nella via dei
tuoi insegnamenti è la mia gioia, più che in tutte le ricchezze» (Sal 119,14).