Ciao Robert,
Ti chiedo una #rispostalvolo che faresti a tuo figlio fra
3 anni se te lo chiedesse (avevo 8 anni quando ho iniziato a farmela): se Adamo
e Eva non avessero peccato, non avessero mangiato la mela, Dio avrebbe lo
stesso mandato Gesù sulla Terra?? -Mamma mi ha spiegato che nella Genesi non si
deve prendere tutto alla lettera, ma leggerla in modo simbolico e non c'è nessuna
mela. Allora mi chiedo: senza il peccato, non avremmo mai conosciuto Gesù??
Luca (12 anni)
*
Caro Luca,
Grazie di cuore per questa domanda interessantissima. Sapendo
che viene da un giovanissimo come te la rende ancora più toccante. Ti ringrazio
perché mi hai anche permesso di metterla con il tuo nome vero scrivendomi: «Ho
riflettuto sul fatto di rimanere anonimo... Poi ho pensato che se sul mio
esempio anche altri bambini e ragazzi iniziano a interrogarsi, a farsi delle
domande importanti a cercare delle risposte (e so che alcuni lo fanno ma si
vergognano, non vogliono sentirsi “sfigati” oggi parlando di Dio)».
Lasciando da parte la questione di Genesi che sarebbe un
altro capitolo, riflettiamo sulla seconda formulazione della domanda che è
scottante! «Senza il peccato non avremmo mai conosciuto Gesù?»
Pensa, caro Luca, che la tua domanda è così intelligente che
è stata al centro del dibattito di grandi teologi, anzi di grandi scuole
teologiche. Quindi, se permetti, ti faccio una brevissima parentesi “storica” e
poi una piccola collocazione “teologica” della questione, prima di risponderti.
Un accenno storico
Circa 800 anni fa, si era discusso della questione che mi
poni tra due grandi correnti della teologia in Europa (tomismo e scotismo). I
primi, sulla scia del grande san Tommaso d’Aquino, sostenevano che la finalità
dell’incarnazione è quella di redimerci dal peccato. (Avrai forse sentito nella
liturgia di felix culpa, della “felice colpa” di cui parla sant'Agostino
e che ci ha dato un così grande Salvatore).
I secondi, sulla scia di un beato francescano che mi piace
tanto, Giovanni Duns Scoto, sostenevano che l’incarnazione esprimo il
compimento della gloria divina e che quindi l’aspetto della redenzione è un
effetto secondario. La Chiesa non si è ufficialmente pronunciata sulla questione,
per cui entrambe le posizioni sono possibili e sostenibili.
Vale la pena rifletterci? E perché?
Hai presente la “fanta-scienza”? Ecco, in qualche modo la
questione posta potrebbe essere di “fanta-teologia”. Perché? Per due motivi:
- quello più evidente è che la storia dell’universo è andata
com’è andata e di fatto Cristo si è incarnato;
- il secondo motivo riguardo l’imperscrutabilità della mente
di Dio. Pensa, caro Luca, che neppure nella mente di un essere umano possiamo penetrare
totalmente per capire a fondo le sue motivazioni e le sue scelte, figurati allora
se possiamo scrutare la mente del Signore il quale ci dice in Isaia: «I miei
pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (55,8).
Nondimeno, è utile riflettere sulla questione perché ci
permette, non tanto di capire una cosa del passato (cosa sarebbe accaduto), ma
di cogliere il grande amore del Signore per noi (il senso di ciò che è
accaduto). Come è possibile ciò? Gettando uno sguardo sugli “intenti” del
Signore attraverso le Scritture e attraverso la riflessione con la mente che il
Signore ci ha dato sul grande dono dell’Incarnazione.
Senza il peccato avremmo conosciuto Gesù?
Per rispondere a questa domanda faccio una domanda retorica:
«Cosa ha spinto il Signore a incarnarsi?». Se rispondiamo: «Il nostro peccato»,
abbiamo due obiezioni non da poco: «Quindi l’incarnazione è solo un provvedimento
del Signore per tappare un buco che abbiamo causato?»; «Dio non poteva
redimerci “volendo” semplicemente?».
Da qui – semplificando – io opto per la posizione scotista:
l’incarnazione non è legata al peccato, ma al progetto eterno del Signore, al
suo grande progetto d’amore. Nell’amore perfetto non c’è solo la donazione di
qualcosa, ma la totale donazione di se stessi. Un teologo insegna che se Dio
non fosse capace di darci se stesso non ci avrebbe creati. L’incarnazione,
allora, viene dalla logica stessa del «Dio è amore».
Inoltre, pensare che l’incarnazione fosse l’unica via
possibile per redimerci è “indegno” di Dio. È come se il nostro peccato
dettasse regola a Dio. Non è sostenibile! L’incarnazione è una scelta d’amore
eterna di Dio, e non una costrizione a cui il nostro peccato nel tempo
costringe il Signore.
L’incarnazione per amore non esclude l’incarnazione per la
redenzione dal peccato, ma la riempie di significato perché è proprio l’Amore
che ci redime.
È significativo d’altronde che nel credo recitiamo «propter
nos homines et propter nostram salutem» (per noi uomini e per la nostra
salvezza). Quel “per noi” esprime proprio lo sguardo, l’attenzione, la cura
dell’amore. È questo amore che precede il motivo della salvezza e la realizza. Proprio
perché mi ha amato, si è incarnato e ha dato se stesso per me (cf. Gal 2,20).
Brevissimamente
Ho provato a semplificare, non so se sia riuscito, per
questo chiudo con una risposta ancora più breve e succinta:
In Gv 3,16 Gesù ci fa capire che l’incarnazione è frutto del
grandissimo amore di Dio, un amore non costretto, ma volontariamente e
gratuitamente donato e incarnato. È questo amore che ha fatto sì che Dio
diventasse “Dio con noi” (Emmanuel) in modo carnale, storico. È questo amore
che ci redime. Quindi in nome di questo amore folle di Dio per te e per me ti
rispondo: Avremmo conosciuto Gesù a prescindere dal nostro peccato perché l’Amore
precede tutto. Ci ha amati per primo creandoci, ci ha amati per primo sposando
la nostra natura con l’Incarnazione.
Ti abbraccio