Gender. Le sfumature di un
termine
«Metà delle controversie del
mondo sono verbali; e se si potessero chiarire, finirebbero immediatamente». Era
ottimista Newman quando ipotizzava queste statistiche. Gran parte dei nostri
dibattiti contemporanei si fondano su nutriti e sostenuti fraintendimenti.
Forse uno dei termini su cui si discute senza ancora capirne il senso e la
valenza è il termine gender divenuto in pochissimo tempo un termine di
uso comune. Ma cosa significa realmente? – È alla definizione e alla
circoscrizione di questo termine che Aristide Fumagalli dedica la prima parte
del suo libro La questione gender. Una sfida antropologica, edito dalla
Queriniana.
Il termine si mostra come non
univoco e pertanto suscettibile di essere equivoco. Le sue valenze, infatti,
possono variare dalla costatazione del sesso biologico, alla
dichiarazione dell’identità di genere (relativa alla percezione di sé in
accordo o meno con il proprio sesso biologico). Da questa scaturisce la
comprensione del gender come orientamento sessuale e conseguentemente
come adozione di un comportamento sessuale. Un’altra valenza di gender è
il ruolo di genere legato alla dimensione socio-culturale e le sue
attese e pretese riguardo all’identità e al comportamento sessuale degli
individui.
Quest’ultima dimensione costituisce
la reale tematica della questione gender in quando, diversamente dall’essenzialismo
naturale (che riconosce che la sessualità è una dimensione naturale, innata,
essenziale alla natura stessa dell’uomo), il costruzionismo socio-culturale
ritiene che «le differenze di genere siano un’elaborazione della cultura
sociale, cosicché uomini e donne non lo si è fin dalla nascita, ma lo si
diventa in seguito. Lungi dall’essere un dato originario, la sessualità
maschile e femminile sarebbe, per dirla con Michel Foucault, una “produzione
discorsiva” funzionale ad una “relazione di potere”».
Le tappe della genesi dell’ideologia
gender
L’A. rintraccia lo sviluppo dell’ideologia
gender mostrando come la radice del tema sia ben diversa dall’esito attuale. Il
libro individua quattro tappe che hanno portato alla situazione odierna. La
prima tappa parte dalla legittima causa per la parità di genere condotta dal
femminismo. La questione inizia gradualmente a prendere altre pieghe passando
successivamente per la costruzione del gender, la decostruzione del
gender e in fine l’individuazione del gender.
La questione sociale e social legata
al gender è recente rispetto al dibattito delle sfere politiche e specialistiche
iniziato già a partire dagli anni settanta. L’ingresso del dibattito sul gender
risale, infatti, agli anni settanta e specificamente alle quattro conferenze
mondiali sulle donne promosse dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel
ventennio tra il 1975 e il 1995. La prima di queste conferenze è stata tenuta a
Città del Messico inaugurando una nuova stagione nella promozione delle donne e
aprendo il dialogo internazionale sulla parità del genere femminile e maschile.
Le successive due continuano nella stessa linea, ed è solo con la quarta
conferenza, tenutasi a Pechino nel 1995, che la questione di gender acquisisce
il suo attuale rilievo sessuale.
Perplessità ecclesiali…
La Chiesa esprime le sue
perplessità, non sulla questione della liberazione della donna, ma sulle derive
dissolutive della natura del legame familiare. Una paragrafo lettera della
Congregazione per la Dottrina della fede esprime queste perplessità: «L’oscurarsi
della differenza o dualità dei sessi produce conseguenze enormi a diversi
livelli. Questa antropologia, che intendeva favorire prospettive egualitarie
per la donna, liberandola da ogni determinismo biologico, di fatto ha ispirato
ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per
sua indole naturale bi-parentale, e cioè composta di padre e di madre, l’equiparazione
dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità
polimorfa». (La lettera è consultabile integralmente qui).
…ed antropologiche
La conferenza di Pechino desta preoccupazione
data la portata delle questioni poste in gioco. La dissociazione ideologica tra
genitorialità affettiva ed effettiva porta infatti a un indifferentismo verso
la dimensione umana della genitorialità biologica. Questa diventa semplicemente
una causa strumentale volta all’ottenimento di un prodotto, il bambino.
Il legame familiare viene
dissociato dalla dimensione globale dell’essere umano e viene ridotto all’unica
dimensione affettiva. Del genitore non importa più il patrimonio genetico e
generativo, ma soltanto quello affettivo ed educativo. La riduzione del ruolo
generativo si esprime con la metamorfosi dei titoli stessi dei genitori (genitore
1 e 2). Questo cambio di registro sradica il modello genitoriale “bicolore” e
apre un ventaglio di varie tipologie familiari autochiamantesi «famiglie
arcobaleno».
Un tema che viene
sistematicamente trascurato nelle affermazioni ideologiche riguardo alla
matrice sociale (e non “naturale”) dell’autocoscienza della propria sessualità
è il dato incontrovertibile: l’essere umano nasce con un corpo sessuato.
Ammesso ma non concesso che la sessualità sia inculcata culturalmente, i
fautori di tale ideologia devono fare i conti con il corpo sessuato verso cui comunque
si relaziona il sentimento psichico della propria identità e identificazione
sessuale. La sessualità non è (solo) un fatto culturale, sociale e inculcato, è
un pre-dato genetico (sarà un caso che è noto come “genitale”?). Sessuati si
nasce ed è in relazione al proprio corpo sessuato e al corpo sessuato dell’altro
che l’essere umano coglie, matura ed esercita la propria sessualità.
Per questo motivo l’A. giunge
alla conclusione che «l’ideologica riduzione dell’identità sessuale al
sentimento psichico e alla libertà individuale è una semplificazione
indebita e contraddittoria delle variabili che intervengono nel processo di
identificazione sessuale. Sentimento psichico e libertà individuale sono
variabili imprescindibili ma non esclusive dell’identità sessuale, condizioni
necessarie ma non sufficienti. Esse vanno quanto meno integrate dalla variabile
della natura corporea e della relazione interpersonale, simbolicamente mediata
dalla cultura sociale».
La considerazione della
complessità di fattori che incidono e concorrono a decidere l’identità e l’identificazione
sessuale del soggetto obbligano necessariamente a una più ampia e lungimirante
considerazione antropologica che costituisce il vero e proprio apporto
riflessivo dell’A. nel libro. Di questi aspetti vorrei mettere in luce
brevemente due dimensioni.
L’A. ribadisce «l’originarietà»
della relazione tra uomo e donna, un’originarietà non arbitraria ma oggettiva
tanto che costituisce la condizione stessa dell’esistenza di ogni uomo e donna.
Il rapporto sessuale tra un uomo e una donna è alla base dell’esistenza di ogni
essere umano esistente. Non si tratta di un’opinione, ma di un fatto innegabile. Questo stesso fatto co-implica la connaturalità, normalità e normatività
della coppia uomo-donna.
Il rispetto e la tutela delle
scelte di persone che non si identificano con il modello familiare bicolore non
va a discapito dell’assicurare – per usare i termini di Carlo Maria Martini – «il
massimo di condizioni favorevoli concretamente possibili» per ogni vita che
nasce. Il bambino accede al mondo tramite la differenza sessuale. Le leggi
devono tutelare questo humus originale della formazione e della fioritura
della vita umana. Al fiorire della sua vita, l’essere umano «gode già di un’identità
psico-fisica, come pure già gode di una comunicazione affettiva intensa,
perlomeno con colei che l’ha portato in grembo, trattandosi non di incubatrice,
ma di donna vivente. Che i genitori da cui nasce il figlio siano i medesimi che
lo cresceranno non è lo stesso che se fossero altri». Ogni alterazione delle
figure genitoriali non è senza trauma per la vita fragile che va configurandosi
nel mondo.
L’amore che deve vincere è quello
verso chi è generato, l’anello più debole del gioco sociale. Un anello così
debole da non avere neppure il potere di pronunciare una parola sulla scelta del
proprio humus di coltivazione. La sua fragilità deve risvegliare il
nostro senso di responsabilità umana di un amore che vince, in primis le
proprie brame illusorie di avere diritti infiniti.