Porsi la domanda sulla «essenza della religione» sembra costituire
ai nostri giorni una duplice volontà di alienazione. Se il primo termine, nella
sua accezione metafisica, sembra così inattuale e distante da ogni categoria dell’eloquio
medio contemporaneo, la seconda sembra essere semplicemente terreno abbandonato
all’indifferenza della decomposizione nell’era della secolarizzazione.
Ma è questa religione stessa che è anche il campo attuale
di battaglia tra le varie religioni che, impaurite si radicalizzano. La
religione, con sfumature diverse e sotto varie forme continua a muovere le
collettività e richiede, anche nell’epoca della secolarizzazione delle
coscienze, una seria considerazione. È questo l’intento del libro di Ugo Perone
nel volume L’essenza della religione edito dalla Queriniana per la
collana «giornale di teologia».
Un breve abbozzo storico
Il volume inizia con una rassegna storica della
riflessione sull’essenza della religione cominciando da Hegel dove la religione
(cristiana) come il dinamismo divino che tutto ingloba e si realizza
dialetticamente attraversando la differenza. L’aspetto totalizzante di questa lettura
verrà ripreso dalla sinistra hegeliana e conoscerà una progressiva
radicalizzazione iniziata da Ludwig Feuerbach. Attingendo allo spunto
hegeliano, Feuerbach tradurrà la religione in termini antropologici. L’essenza
del divino è l’umano alienato da se stesso. È la natura l’essenza vera della
religione.
Secondo l’A., Karl Barth inscrive gli elementi essenziali
della visione Feuerbachiana nella teologia protestante istituendo una critica
teologica della religione. Feuerbach manifesta alla teologia che essa sia
diventata in realtà antropologia ed costituisce per questo una spina nelle
carni della teologia evangelica. «Le trascrizioni antropologiche dell'Essenza
del cristianesimo non fanno che portare alla superficie ciò che in maniera
coperta la teologia, nel suo progressivo riduzionismo, ha già essa stessa
sostenuto». Ma questo edificio religioso per Barth non ha alcuna relazione con
il cristianesimo.
La lettura di von Harnack dell’essenza del
cristianesimo si colloca nella prospettiva della storia luogo di manifestazione
del cristianesimo. Il paradosso del cristianesimo è che esso costituisce una
proclamazione dell’eterno nella storia. La predicazione storica di Gesù si
muove in un contesto escatologico appartenente alla tradizione che lo precede e
prepara per lui: la tradizione dei profeti e di tutto Israele.
Parlare di Essenza del cristianesimo non può che
evocare la prospettiva di Romano Guardini. Per lui l’essenza del cristianesimo
è la persona di Cristo. Gesù Cristo non è solo al centro del cristianesimo, ma
è la persona storica in cui la mediazione dell’uomo con Dio si manifesta con
potenza. «Ciò che è propriamente cristiano è Cristo stesso, ciò che attraverso
di lui giunge all’uomo e il rapporto che attraverso di lui l’uomo è in grado di
avere con Dio». Gesù non indica la via, Gesù è la via. Gesù non afferma solo di
aver visto il Padre, ma che chi vede lui vede il Padre e che egli e il Padre
sono uno. Per questo motivo, l’essenza della fede cristiana non è un’esperienza
psicologica o coscienziale, ma è un legame reale che viene a istituirsi con la
persona di Gesù.
Ripensare l’essenza oggi
Il fenomeno della secolarizzazione restringe la religione
alla sfera privata. La dimensione comunitaria e pubblica occupata in precedenza
dalla religione viene monopolizzata dall’economia e dalla politica. L’immanenza
politica sostituisce la trascendenza religiosa e inizia pian piano a porsi come
l’unico interprete del reale. Così sembra naturale, logico e conseguente
decidere politicamente non solo delle questioni sociali ed economiche, ma anche
delle varie questioni morali. Il monopolio politico porta a una
democratizzazione-relativizzazione di tutte le sfere valoriali che erano
precedentemente legate alla riflessione filosofico-metafisico-religiosa.
L’A. getta la luce proprio su questo paradigma
scricchiolante che si sgretola insieme alla società secolarizzata introducendo
uno spensierato vuoto di disperazione che è la cifra distintiva della nostra
odierna società. Per lui la secolarizzazione non è da considerarsi come una
risoluzione dei contenuti religiosi, ma piuttosto come «un radicale mutamento
della struttura formale di unificazione del sistema della cultura», cosicché al
posto della religione che costituiva l’asse attorno a cui ruotava e si
unificava il mondo antico, assistiamo ora alla progressiva strutturazione di un
mondo fatto di sfere culturali plurime e indipendenti in un mondo plurale che
ci obbliga a ripensare l’idea stessa dell’unità.
È questo il contesto in cui l’A. propone di ripensare l’essenza
della religione, un ripensamento che non è teoria, ma sfida; non un invito, ma
un obbligo; non è un’opzione, ma un’esigenza, l’esigenza di ritrovare il
principio unificante per sopravvivere a un mondo fatalmente sgretolato.