Sembrano sinonimi, e forse li usiamo come tali. Ma vorrei fare il sottile e giocare con le parole. Mi è sempre piaciuto farlo perché ho sempre creduto che le parole non si sono composte a caso. Qualcuno le ha coniate e costruite in base a un vissuto. Hanno una sapienza in sé, ancor prima che nel loro insieme. Ogni parola – quasi – può essere una lezione di vita. Se guardo la parola “divertimento”, senza la pretesa di demonizzarla, mi dà l’idea di uno sperpero, di uno sfogo con un fucile semi-automatico, sparando all’impazzata in ogni direzione. È come quelle volte che vuoi preparare per la famiglia un frullato di frutta e, fantozzianamente, attivi il frullatore prima di mettere il coperchio… il movimento centrifugo fa “divergere” tutto il contenuto… e ti lascio immaginare i risultati.
Non poche volte il nostro modo di fare vacanza è così: è “centrifugo”. È esodo senza criterio da tutto ciò che è la nostra vita. È scelta del “diverso” (la prima parte del divertimento) per il semplice fatto che è diverso. Invece di vertere nel mio essere, di-vergo, vivo come altro, lascio vivere idee non mie in me, non vivo… (lascio di nuovo a te lo scenario che sembra più adeguato).
Chiedendo scusa alla parola “divertimento”, penso invece alla parola “ricreazione”. È bellissima! Ci fa partecipi di un gesto divino. È cambiare aria, è anche “divertirsi”. Ma non è fuga, è ricarica, è rimodellamento. Invece di disgregarci, la ricreazione ci reintegra.
L’“Io” affaticato, adesso riposa, sorride, si rilassa, si riprende, fa shabat. Non una fuga verso le periferie, ma un ritorno al centro, incontro con se stessi e con gli altri, ripresa, ritocco, ri-creazione, immersione nell’Altro.
Una prima domanda da farsi è: come mi “ricreo”? come posso divertirmi (così la parola divertimento mi perdona!) senza tradirmi, senza interrompere la mia vita?