In quel tempo, mentre andava via, Gesù,
vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse:
«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa,
sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e
con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come
mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo,
disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a
imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non
sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Ef
4,1-7.11-13 Sal 18 Mt 9,9-13
Quel suono di
monete che si accumulano a cui ho dedicato la mia giovinezza e il mio destino,
mi ha regalato solo il fetore di un vecchiume precoce senza destinazione. Le effigi
su quelle monete mi hanno rubato il volto. Sono traditore per il mio popolo e
mercenario per l’invasore. Ah, che inganno! Mi hanno sedotto con una felicità
che non possono regalare… Quand’ecco «un rumore! La voce del mio amato che
bussa». È lì, la voce che ha forato la noia della sordità: «Seguimi!». Proprio
io impoverito da quello che mi possedeva. Proprio io adesso divento veramente ricco.
Nessuno è più ricco di colui che è amato gratuitamente. È lui che mi ha
restituito il volto rivolgendomi la parola. Mi ha restituito la giovinezza
chiamandomi a camminare. Eccomi, mi ha attirato. Eccomi, corro. Sono guarito.
Mi sono bastati uno sguardo e una parola per risorgere.