In quel tempo, mentre erano in cammino,
Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la
quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era
distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore,
non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille
dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e
ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la
parte migliore, che non le sarà tolta».
Gio 3,1-10
Sal 129 Lc 10,38-42
Il motto di un santo libanese dell’ottocento,
Neemtallah Hardini, era: «Il bravo salva se stesso». Motto egoistico? – Per niente
affatto. Il santo monaco era un modello nella sua carità fraterna. Il motto
voleva sottolineare un aspetto fondamentale della santità: ognuno ha da occuparsi
di quanto gli spetta nell’opera di conformazione a Cristo, ivi incluso l’esodo
da sé, l’altruismo che la santità comporta. Fare i conti (spirituali) in tasca
agli altri non ci spetta. Spetta al massimo alle persone a cui sono affidate.
Il «troppo» che Gesù rimprovera a Marta non è certo la sua cura concreta dell’ospite
(sarebbe davvero sputare nel piatto in cui mangia!), il «troppo» è il suo
decentrarsi dal proprio cammino a quello della sorella. «Il bravo salvi se
stesso».