In quel tempo, si erano radunate migliaia
di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire
anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei,
che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di
segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà
udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più
interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura
di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi
mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso,
ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri
non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato
davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate
paura: valete più di molti passeri!».
Rm 4,1-8 Sal 31
Lc 12,1-7
L’Antico Testamento parla del Signore che
scruta i reni. I reni erano la sede della coscienza e dei pensieri più
reconditi. Da qui la stupidità dell’ipocrisia: come nascondersi a colui che ci
scruta? Lungi, però, dal ridurre il Signore a un commissario di «polizia del
pensiero» di Orwelliana memoria, Gesù ci mostra che lo sguardo di Dio su di noi
è uno sguardo di cura paterna, uno sguardo che ci promuove e ci valorizza: «Sei
prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo» (Is 43,4). Più
delle considerazioni moraleggianti, è proprio la gratuità di questo sguardo,
che vede e provvede, a immergerci nella grazia della verità dell’essere amati
liberandoci dall’esigenza delle maschere.