In quel tempo, il Signore disse: «Guai a
voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe,
e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose
da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti
nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei
sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno
dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche
noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli
uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un
dito!».
Rm 2,1-11 Sal 61
Lc 11,42-46
Il guaio agli
scribi evoca un pericolo che minaccia chi annuncia il vangelo anche oggi: predicare
agli altri e pensare di aver assolto il proprio dovere diventando un megafono. Parlare
del Santo non equivale al diventare santi. Le parole che non diventano vita
sono un giudizio che ci autoinfliggiamo e uno scandalo a cui esponiamo gli
altri. Signore, fa’ che ogni parola che annunci sia prima di tutto rivolta alla
mia vita. Che in prima fila (e qui la prima fila vale!) ad ascoltarmi
annunciare la Parola più grande di me ci sia io e che ogni parola scavi in me
lo spazio per vivere di Te… perché non viva più io, ma Tu in me. Amen.