Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù
attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero
incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce:
«Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a
presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò
indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi,
per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati
purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse
indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli
disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Sap 6,1-11
Sal 81 Lc 17,11-19
C’è un morbo sottile che logora i nostri
giorni: è lo sguardo ingrato. Ci percepiamo spesso come orfani abbandonati e “sfigati”,
vivendo così come stranieri ed estranei nel nostro ambiente vitale e nella
nostra stessa pelle. Per esorcizzare quest’estraneità e debellare il morbo,
esiste una cura precisa: la riconoscenza. Essa consiste nel ri-guardare la
nostra esistenza con occhi più attenti per riconoscere il miracolo quotidiano,
grande o piccolo che sia. È questione di allenamento, perché per l’occhio non
allenato – e il vangelo di oggi ce ne dà testimonianza – anche una grazia fatto
dallo stesso Gesù e che tocca addirittura la nostra pelle, può lo stesso passare
inosservata.