In quel tempo, mentre alcuni parlavano del
tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno
giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che
non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque
accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per
accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno
nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a
loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché
prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione
contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti,
carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi
dal cielo.
Dn 2,31-45
Dn 3 Lc 21,5-11
Nell’antichità, una divinità il cui tempio
veniva distrutto si mostrava debole. Il Dio vivo, però, non ci stava a questo ricatto.
Quando il popolo si allontanava da Lui, era Egli stesso a permettere che il Suo
tempio venisse distrutto. Il vangelo di oggi è molto attuale nella trepidazione
e nella paura che evoca, ma è ancora più attuale nell’invito all’essenziale e
non all’apparenza, al tempio del cuori e non delle pietre. Il Padre cerca, oggi
come ieri, adoratori in spirito e verità, adoratori che entrano nel santuario
del suo «shabat», del riposo in Dio e della santificazione in Cristo, quel
santuario indistruttibili di cui scrisse A.J. Heschel: «I sabati sono le nostre
grandi cattedrali; e il nostro Santo dei Santi è un santuario che né i Romani
né i tedeschi sono riusciti a bruciare».