In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

1Mac 6,1-13   Sal 9   Lc 20,27-40


«La risurrezione è solo una proiezione del nostro desiderio di non morire». A chi la pensa così rispondo: perché nasce in noi il desiderio di non morire? Perché abbiamo nel cuore il desiderio di vivere felicemente, di vivere in eterno? Se fossimo solo sotto l’arco di un destino fatale che ci genera senza permesso e ci spegne senza pietà, la morte sarebbe stata parte del processo naturale, colta e accolta come un capitolo del gioco. Non è così, ed è questo anelito nel nostro cuore che ci invita a porci il dubbio del «forse», forse è vero che «Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».