In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me:
colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo
non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha
mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti
nell’ultimo giorno.
Questa infatti è
la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la
vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Gb
19,1.23-27 Sal 26 Rm 5,5-11
Gv 6,37-40
Il mistero della morte è insensato in sé. Il
libro della Sapienza ci ricorda che «Dio ha creato l’uomo per
l’incorruttibilità, ma per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo».
La morte è una ripercussione e un risultato dell’allontanamento dalla Vita
vera. Nondimeno, malgrado la nostra ferita non ci abituiamo mai del tutto ad
essa. Ogni morte ci segna, ci scuote. È proprio l’eco della Vita in noi che non
ci permette di abituarci alla morte. Dinanzi a questo mistero dell’assurdo, le
parole del vangelo di oggi – questa è la volontà di colui che mi ha mandato:
che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti
nell’ultimo giorno – ci riempiono di speranza consci che «non si perdono
mai coloro che amiamo perché li possiamo amare in Colui che non si perde mai» (Sant’Agostino).