A metà del
secolo scorso, Karl Rahner lamentava l’atteggiamento dell’esegeta cattolico che
solitamente, pur non negando l’ispirazione della Bibbia, la trascura di fatto,
come irrilevante, nell’esercizio concreto del suo lavoro. Per il teologo
gesuita, la cosa grave è che non siamo solo dinanzi a un’insignificanza pratica
dovuta ad altri interessi che assorbono l’attenzione dell’esegeta, ma di
«un’irrilevanza teorica, o meglio teorizzata, nel senso che l’esegesi,
per ragioni di serietà metodologica, intende trattare il testo biblico solo
come il prodotto di un’attività umana, da interpretarsi quindi alla
stregua di tutti gli altri testi letterari dell’umanità».
La Sacra
Scrittura è di un genere letterario particolare, unico. È un testo divino e
umano allo stesso tempo. Dio è l’ispiratore e l’autore della Scrittura, ma
nondimeno, l’agiografo umano è anche egli «vero autore» (cf. DV 11). Data
questa coincidenza, l’approccio scientifico al testo sacro non può
trascurare, né la dimensione umana della sua redazione, né quella divina. Ogni
approccio esclusivo (che privilegia e assolutizza, cioè, una dimensione sull’altra),
non solo non rende giustizia al testo sacro, ma – se fatto da una persona
credente – è da considerarsi antiscientifico perché non rispetta l’ermeneutica
richiesta dalla natura stessa del testo.
Tenendo a mente
queste considerazioni, è consolante leggere la premessa al secondo volume del
grande Commentario al Nuovo Testamento di Klaus Berger dove l’autore
prende le distanze da «i punti deboli dell’esegesi di scuola corrente» primo
tra i quali «l’insufficiente considerazione dello Spirito Santo», oltre alla mancanza
di visione che trascura o la realtà materiale e storica – il caso della lettura
spiritualizzante – o la realtà spirituale ed ecclesiale, ed è il caso di alcune
correnti storico-critiche.
Il secondo
volume di Berger, tradotto per i tipi della Queriniana, raccoglie il commento
alle Lettere e all’Apocalisse. A ogni scritto è dedicato un capitolo che segue
una struttura simile. Dopo le questioni introduttive che contestualizzano il
documento (origine, autore, destinatari, contesto storico e sociale), Berger
offre un commento che mette in risalto le specificità teologiche e riflessive
della pericope considerata. Nella sua interpretazione Berger presta molta
attenzione alla contestualizzazione nel giudaismo dell’epoca, ma anche fa
valere il confronto con i testi dell’epoca: gli scritti pagani, gli apocrifi,
la letteratura extrabiblica e la liturgia. È questo sguardo complessivo che
rende questo commentario un ottimo strumento per gustare la ricchezza del testo
biblico e per ammirare il panorama che apre.