I
genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.
Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo
Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo
che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero
a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in
cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo
tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li
ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore
per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al
vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro:
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre
mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese
dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva
tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia
davanti a Dio e agli uomini.
1Sam
1,20-22.24-28 Sal 83 1Gv 3,1-2.21-24 Lc 2,41-52
La
grazia non sovverte la natura, al massimo la converte. Ne è prova come il Verbo
incarnato non abbia vissuto la sua esistenza umana a fior di pelle, ma come una
reale esistenza umana di crescita, di figliolanza, di appartenenza, assieme
alla valutazione del finito alla luce dell’Infinito e dell’umano alla luce del
Divino. Festeggiare la santa Famiglia dopo il Natale è un atto di realismo. È riconoscere
che Gesù è se stesso anche grazie a Maria e Giuseppe. È capire – generalizzando
– che l’opera di Dio nella nostra vita ha profonde radici nella nostra umanità
perché la Grazia viene dal Cielo, ma germina nella terra.