Quando
furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di
Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per
presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio
primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di
tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora
a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava
la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo
gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto
il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i
genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a
suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora
puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada
in pace, secondo la tua parola,
perché
i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata
da te davanti a tutti i popoli:
luce
per rivelarti alle genti
e
gloria del tuo popolo, Israele».
Il
padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la
caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e
anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di
molti cuori».
1Gv
2,3-11 Sal 95 Lc 2,22-35
C’è
un’attesa che consuma, inaridisce, rende cupi e ricurvi. E c’è un’attesa che
spalanca il cuore, più perdura più rende longanimi, saggi e innamorati. Tra le
due c’è una differenza non da poco: la presenza nell’assenza. Mi spiego: quando
scorgiamo che l’Amato è già presente nella nostra attesa di lui. O meglio,
quando capiamo che è lui l’anelito più bello della nostra attesa, qualcosa
cambia. Lui è qui, nella nostra stessa attesa di lui. L’attesa allora non ci
esaurisce, ma ci ricarica; non ci spegne, ma ci fa ardere di continuo sapendo
che «adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rm
13,11). Beato chi vive l’attesa così. Il suo Ad-Dio alla vita sarà, non sarà
una morte, ma un entrare nella vita, sarà l’ingresso dell’Amata nella stanza
nuziale. «Ora lascia, o Signore,…».