In
quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti
a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva
loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il
signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi
mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e
non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In
qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un
figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su
di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché
chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando
entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto,
guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di
Dio”».
2Tm
1,1-8 Sal 95 Lc 10,1-9
Le
obiezioni di vari profeti dell’Antico Testamento vertono verso un punto simile:
non si sentono degni dell’annuncio, non si sentono pronti e sufficientemente
attrezzati. Nell’invio missionario dei settantadue, narrato da questo vangelo,
c’è una specie di canonizzazione di questo stato di “inadeguatezza” attraverso
la meno-che-essenzialità del bagaglio necessario per annunciare. Possiamo
interpretarlo in senso letterale, ma possiamo cogliervi un senso più profondo:
non aspettare di essere santo prima di parlare dell’Amore perché l’Amore che
attraverserà le soglie delle tue labbra ti darà la pace della santità. L’Amore
di cui annuncerai la vicinanza regnerà con la potenza della parola dell’Annuncio
nel tuo cuore e come un carbone ardente purificherà la tua vita. È così, è
provato.